di Valeria Zeppilli – Come chiarito anche dalla Circolare della Banca d’Italia numero 139 del 11/02/1991, l’appostazione a sofferenza di un credito non può derivare da un semplice ritardo del cliente della banca nel pagamento del suo debito. Lo ha ricordato recentemente anche il Tribunale di Roma nella sentenza del 24 novembre 2016 qui sotto allegata: a tal fine è necessario valutare complessivamente la situazione finanziaria del debitore e non è possibile limitarsi alla sola analisi di uno specifico o di più specifici rapporti in corso tra la banca segnalante e il cliente.
La contestazione del credito
Il Tribunale ha inoltre ricordato che per le banche è prevista la possibilità di segnalare un credito anche solo come contestato, circostanza che si verifica quando sia stata adita un’autorità terza rispetto alle parti, non necessariamente giudiziaria. Il credito è infatti contestato anche se per esso ci si sia rivolti al Garante della privacy o a un’autorità preposta alla risoluzione stragiudiziale delle controversie.
Situazione non conforme alla situazione di fatto
E se una segnalazione non è conforme alla situazione di fatto, il rischio di danneggiare il cliente è evidente.
Come ricordato dal giudice nella sentenza in commento, infatti, se ad esempio si segnala lo sconfino mentre un credito è solo contestato (come avvenuto nel caso di specie), il cliente è esposto al rischio concreto di una informazione inesatta sulla sua posizione di debitore sia al ceto bancario che al mercato: egli, infatti, viene non correttamente associato a una perdurante situazione di difficoltà finanziaria che invece, essendo oggetto di contestazione, non è né definitiva né certa, con tutte le conseguenze negative che ne discendono sia circa il merito del credito riconosciuto sia sulle facoltà di accesso al credito bancario
Fonte: Banche: il ritardo del debitore non basta per segnalare a sofferenza un credito