Una piccola impresa familiare ferrarese ha aperto un contenzioso con la Carife e lo ha vinto, ottenendo un risarcimento di 70mila euro per applicazione dell’anatocismo. Il suo legale spiega che nella documentazione bancaria può nascondersi un tesoretto.
Aprite gli archivi e cominciate a esaminare la documentazione della vostra banca, dai contratti per l’apertura dei conti correnti agli estratti conto. E più ne avete, anche di oltre dieci anni fa, meglio è perché questa documentazione potrebbe farvi vincere una causa risarcitoria contro le banche. Perché, come spiega l’avvocato bolognese Lorenzo Buldrini “Si può combattere e vincere contro le banche”.
L’avvocato Buldrini lo sa per esperienza, poiché collabora con l’associazione dei consumatori Adusbef e ha recentemente vinto una causa intentata da una piccola impresa di autotrasporto ferrarese contro la vecchia Cassa di Risparmio di Ferrara, che è tra le banche recentemente salvate dal Governo. Tutto è cominciato quando la banca comunicò all’autotrasportatore, che era correntista da parecchi anni, che non gli avrebbe rinnovato il fido. Una situazione che può far chiudere un’impresa di autotrasporto, che deve pagare le spese a brevissimo termine, mentre riceve il pagamento delle fatture dopo mesi.
Ma il titolare dell’impresa ha deciso di reagire, ha chiuso il conto corrente e ha iniziato la sua battaglia, usando come arma l’anatocismo, ossia l’applicazione, ritenuta illegittima se non espressamente concessa dal correntista, d’interessi passivi sulle somme dovute alla banca derivanti da precedenti interessi passivi per fidi. In pratica, questa situazione emerge quando l’ammontare dell’interesse passivo viene pagato tramite prelievo trimestrale del conto corrente e quindi entra nel monte dei nuovi interessi passivi nel caso in cui il cliente utilizzi ancora il fido. Possono essere piccole somme ogni volta, ma che accumulate nel tempo possono arrivare a sette cifre.
Ed è proprio quello che è successo all’impresa ferrarese che, per previdenza del suo titolare, aveva tenuto la documentazione bancaria ben oltre i dieci anniprevisti dalla Legge e la ha usata come arma per colpire la banca. “Il cliente aveva aperto un conto in Carife nel 1982, e recentemente ha deciso di chiuderlo dopo il mancato rinnovo degli affidamenti”, racconta l’avvocato Buldrini. “Analizzando la documentazione conservata per l’intero periodo, ci siamo resi conto che fin dall’inizio del rapporto la banca aveva applicato la capitalizzazione trimestrale degli interessi, che la legge considera illegittima almeno fino al 2000. Sulla base di una perizia su tali documenti, abbiamo chiesto la restituzione di 70mila euro”.
Inizialmente, la banca ha proposto una accordo etra-giudiziale, offrendo circa 30mila euro, cifra respinta dal cliente, che è quindi andato in Tribunale. Nel suo verdetto, il giudice ha riconosciuto non solo che la banca aveva applicato l’anatocismo in modo illegittimo fino al 2000, ma lo aveva fatto anche negli anni successivi, perché la normativa impone che tale sistema si può applicare solo se il cliente firma uno specifico accordo, cosa che in questo caso non è avvenuta.
“Sull’anatocismo c’è una giurisprudenza ormai consolidata, che permette ai clienti di avviare azioni legali. In alcuni casi, la banca offre una mediazione accettabile, in altri bisogna andare in giudizio. L’importante è conservare la documentazione completa, ma ricordo che la banca è tenuta a conservarla e a fornita al cliente per dieci anni”, aggiunge Buldrini. Un’altra condizione è iniziare l’azione legale entro dieci anni dalla chiusura del conto corrente, altrimenti parte la prescrizione. “Consiglio quindi alle imprese di analizzare la propria situazione, per valutare se ci sono gli estremi di un’azione”.
Un altro caso vinto recentemente dall’avvocato bolognese non interessa un’azienda di trasporto (ma potrebbe farlo) riguarda l’applicazione d’interessi usurai, che è illegittima anche nel caso di una semplice pattuizione. “Non è un caso raro e può causare situazioni critiche nelle aziende, che subiscono adebiti anche elevati. Per esempio, un nostro cliente si è visto addebitare dalla banca ben 218mila euro, ma dopo la nostra azione per anatocismo e usura non solo abbiamo ottenuto l’estinzione del debito, ma anche un accredito di 140mila euro”.