Per essere valide, le cartelle esattoriali notificate con Pec devono contenere in allegato un file in formato p7m e non pdf.
Prosegue il filone di giudici secondo cui le cartelle di pagamento notificate tramite Pec da Agenzia Entrate Riscossione sono illegittime e vanno annullate nel momento in cui contengono. Solo quest’ultimo infatti garantisce l’originale della cartella. A confermare questo indirizzo è la commissione Tributaria Provinciale di Salerno .
Come noto, la legge consente la notifica delle cartelle esattoriali con la posta elettronica certificata (Pec) solo nei confronti dei contribuenti tenuti a dotarsi di questo particolare sistema di email (professionisti, imprenditori, società). La normativa però non ha specificato in che formato dovesse essere l’allegato, il file cioè contenente la riproduzione della cartella di pagamento. Così, da subito alcuni giudici hanno ritenuto che, essendo il pdf una mera riproduzione dell’originale cartaceo, non può garantire la genuinità del documento e quindi la sua conformità. Esso si pone al pari di una fotocopia e, in quanto tale, non è valido. Ciò però vale solo quando tale allegato è in formato .pdf, non invece quando è in formato .p7m, equivalente del primo, ma con la differenza che contiene la firma digitale. Secondo una precedente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano , il file .pdf non fa piena prova del suo contenuto non essendo l’originale della cartella: si tratta di una semplice riproduzione meccanica, contestabile con estrema facilità. È del resto il codice ci procedura civile che impone all’ufficiale giudiziario, tutte le volte in cui si vale della Posta certificata per la notifica, l’utilizzo della firma digitale. Fino allo scorso 3 dicembre tale norma non valeva per la riscossione esattoriale. Ora tale ostacolo è stato rimosso. Per cui, anche per le cartelle di pagamento, è necessario l’uso della firma digitale. Dunque, l’agente della riscossione è sempre tenuto ad apporre la propria firma digitale, inviando un file con estensione «.p7m» e non più un semplice «.pdf».
Sempre dello stesso parere è stata la Commissione Provinciale di Reggio Emilia secondo la quale solo il formato .p7m, grazie alla firma digitale, garantisce l’immodificabilità e l’integrità del documento.
Ricordiamo che il file con estensione .p7m è un file firmato digitalmente. Per poterlo aprire è necessario che il contribuente, destinatario dell’atto, abbia installato sul proprio computer un particolare software che consente di visualizzare e leggere il file in questione, verificandone firma e autenticità del nome del mittente. È proprio su questo punto che si sofferma la Ctp di Reggio Emilia: al contrario del .pdf – che può essere aperto e visualizzato da qualsiasi computer, ma nello stesso tempo non consente di avere la certezza di chi ha creato il file e dell’identità dello stesso – il formato «p7m» garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico rispetto all’originale ma anche – per quanto attiene la firma digitale – l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto.
Allo stesso modo hanno ragionato la Ctp di Napoli, di Lecce ed altri numerosi giudici anche ai tempi della passata Equitalia (leggi Cartella Equitalia: la notifica per PEc non è valida). Con la posta elettronica certificata – sostengono i suddetti precedenti – viene trasmesso al contribuente non l’originale della cartella di pagamento, ma solo una copia informatica, peraltro priva di alcuna attestazione di conformità apposta da un pubblico ufficiale. Detta copia, quindi, non può assumere alcun valore giuridico perché non garantisce che il documento inoltrato sia identico, in tutto e per tutto, all’originale (originale che, in questo caso, resta nelle mani dell’agente della riscossione). Invece, con la notifica a mezzo di raccomandata a.r., l’originale finisce sempre nelle mani del contribuente.
Dunque, se nella fotocopia della cartella di pagamento allegata alla Pec non appare alcuna attestazione di conformità nei modi previsti dalla legge, si deve affermare che il ricorrente ha ricevuto solo una copia informale dell’originale della cartella di pagamento, al pari di una volgare fotocopia. Solo la firma digitale della Pec può garantire l’attestazione di conformità; ne consegue che solo il file in formato .p7m salva l’atto dalla dichiarazione di nullità.
Le stesse conclusioni sono state condivise anche dalla Ctp di Salerno citata in apertura. Secondo i giudici campani, il documento informatico allegato alla posta elettronica certificata deve necessariamente essere dotato di firma digitale, per garantire l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del file, come previsto dal codice dell’amministrazione digitale . Il formato .pdf, invece, non consente di rispettare detti parametri, mentre «la cartella di pagamento deve essere prodotta da un documento informatico allegato alla pec sottoscritto digitalmente, e cioè avere un’estensione del file in .p7m».In definitiva, se la cartella allegata alla Pec è in formato pdf, la notifica non può ritenersi valida. Con la conseguenza che il contribuente può impugnare la notifica e vedersi annullare ogni richiesta di pagamento.