Sebbene spesso la tentazione di sbarazzarsi delle “cartacce” sia forte, è bene conservare certi documenti per un determinato periodo
Ho un archivio di documenti anche molto datati, che vorrei eliminare. Quali posso buttare e quali no?
Il pericolo di buttare alcuni documenti deriva dal rischio che essi siano l’unica strada per attestare un pagamento già avvenuto e richiesto di nuovo. Se non abbiamo più il documento, a fronte di una richiesta indebita di nuovo pagamento, potremmo non aver più modo di opporci ad essa.
Di conseguenza, il tempo di conservazione dei documenti per i privati è connesso al termine di prescrizione fissato dalla legge per i crediti il cui pagamento essi vanno ad attestare.
Documenti: i diversi tempi di conservazione
Entrando nello specifico, dunque:
– le multe stradali si prescrivono in cinque anni;
– sempre in cinque anni le spese condominiali, i canoni di affitto e le rate di mutuo: questo è quindi il periodo minimo di conservazione dei documenti che ne attestano il pagamento;
– anche le bollette per consumo di acqua luce e gas e quelle telefoniche vanno conservate per cinque anni dalla loro scadenza, mentre i bollettini e gli F24 per il pagamento di Ici, Imu, Tasi, Tarsu, Tia e Tari vanno conservati per cinque anni a partire dall’anno successivo a quello di pagamento (o di obbligo di dichiarazione per le tasse relative ai rifiuti).
– gli attestati di pagamento del bollo auto vanno conservati per tre anni da quello successivo alla scadenza della tassa, mentre per le cambiali e le parcelle dei professionisti il termine di prescrizione è triennale.
– infine, le dichiarazioni dei redditi devono essere conservate per almeno cinque anni a partire dall’anno successivo a quello in cui sono state presentate, che diventano quindici anni in caso di ristrutturazioni edilizie o di riqualificazione energetica, posto che le relative detrazioni sono assoggettate a rateazione decennale.