Cartelle esattoriale sospesa dietro il ricorso in autotutela del contribuente: i termini per il ricorso continuano a decorrere.

Si potrebbe riassumere con due parole l’ordinanza della Cassazione di venerdì scorso in materia di ricorso in autotutela contro le cartelle esattoriali: vincere una battaglia non significa vincere la guerra. Così, chi ottiene la sospensione della cartella esattoriale tramite una istanza in autotutela non può dirsi definitivamente libero dall’obbligo di pagare. Perché ciò accada è infatti necessario un ulteriore passaggio: che l’atto dell’agente della riscossione o l’ingiunzione di pagamento dell’Inps o l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate delle venga definitivamente cancellato. Sbaglia quindi il contribuente che si culla sul fatto di aver ottenuto lasospensione della cartella in autotutela perché questa non sospende i termini per fare ricorso al giudice né inficia la validità dell’accertamento. Per comprendere meglio la questione facciamo un esempio pratico.

Immaginiamo che un contribuente riceva una cartella esattoriale per dei contributi previdenziali. Ritenendo la richiesta di pagamento palesemente illegittima e sperando che di tanto si accorga l’Inps dietro una semplice sollecitazione e senza bisogno di fare ricorso al giudice, decide di inviare una istanza in autotutela chiedendo la sospensione della cartella. L’amministrazione dà parere positivo ne blocca la riscossione. Dopo qualche anno, però, il contribuente viene raggiunto da un’ulteriore cartella che lo invita a pagare quell’antico debito; ad essa, poco dopo, fa seguito un fermo amministrativo. L’uomo, sorpreso di ciò perché aveva già dato per vinta la sua piccola battaglia legale, fa opposizione sostenendo l’illegittimità della pretesa. Secondo invece l’Ente della Riscossione, la cartella deve ancora ritenersi valida non essendo mai stata annullata da un giudice, né tantomeno sgravata in via definitiva. Chi dei due ha ragione?

La Cassazione ricorda che, dopo l’iscrizione a ruolo dell’imposta, l’ente titolare del credito, se c’è una richiesta di annullamento dell’atto presentato in via amministrativa dal contribuente [2], può decidere di sospendere la riscossione. A tal fine dovrà emettere un provvedimento motivato da notificare all’agente della riscossione e al contribuente stesso. Tale provvedimento sospende però solo l’efficacia esecutiva della cartella ma non ne pregiudica la validità. In altri termini, finché la cartella rimane sospesa l’esattore non può avviare un pignoramento; ma ciò non significa che la cartella viene definitivamente annullata. Del resto, il provvedimento di sospensione può essere revocato «dove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione».

Risultato: se la cartella, benché sospesa, non viene definitivamente annullata – cosa che può fare sia il giudice dietro ricorso dell’interessato, sia l’ente titolare del credito tramite sgravio – questa resta valida. Anzi, se decorrono anche i termini per fare ricorso (ossia 60 giorni dalla notifica) la cartella diventa definitiva e non può più essere contestata. Quindi, anche dopo molti anni, il fisco ne può richiedere il pagamento.

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