Stop alla bolletta salata per conguaglio dovuta non ai maggiori consumi d’acqua ma all’aumento delle tariffe.
Fanno “saltare” il bilancio delle famiglia e, spesso, la pazienza. Arrivano quando uno meno se l’aspetta e sono tutt’altro che comprensibili. Si tratta delle bollette dei conguagli per le utenze della luce, dell’acqua e del gas. Facile riconoscerle: i loro importi sono sempre più elevati delle bollette mensili e non è facile controllare i criteri di calcolo. Si va, insomma, spesso “a fiducia”. Lo scopo del conguaglio però è chiaro: quando non è possibile eseguire periodicamente una lettura precisa dei consumi addebitati all’utente e questi vengono quindi calcolati in via presuntiva, il conguaglio serve per fare il “conto della serva” e stabilire, con precisione, almeno una volta all’anno, se ci sono crediti o debiti da fatturare. Pertanto con la bolletta di conguaglio non può essere richiesto il pagamento di altre somme come, ad esempio, per compensare un aumento dei prezzi deciso dall’autorità garante. In tal caso la bolletta è illegittima. A tanto è arrivata una interessantissima sentenza del Giudice di Pace di Torino che, di certo, non mancherà di far discutere nei prossimi mesi, potendo dar luogo a una serie di richieste di rimborsi (sempre che l’orientamento venga condiviso da altri giudici). Ma procediamo con ordine e vediamo quando la bolletta per conguagli è nulla.
Conguaglio solo per regolare il rapporto di dare e avere
Illegittimo il conguaglio per adeguare la bolletta agli aumenti di prezzo
Laddove il conguaglio viene emesso non per calcolare i maggiori consumi rispetto a quelli stimati, ma per un adeguamento delle tariffe effettuato dopo il periodo di somministrazione dell’utenza – e quindi ad annualità ormai chiusa – la bolletta del conguaglio è nulla. È questo l’importante chiarimento del giudice di Pace di Torino [1]secondo cui, in ipotesi del genere, l’utente ha diritto a ottenere i rimborsi per tutti i conguagli versati negli ultimi cinque anni (a tanto ammonta la prescrizione).
Il caso di specie si riferiva a bollette dell’acqua ma ben può essere adattato a tutte le utente.
Nel caso di specie, la difesa del gestore del servizio si era basata sul fatto che erano state applicate le tariffe deliberate dall’Ato, l’autorità d’ambito. Il ritocco era avvenuto per costi sostenuti e non incassati per un minor consumo generalizzato. Non si può però far gravare sul consumatore gli eventali errori di una errata pianificazione d’ambito. Un comportamento del genere, oltre ad essere una violazione del pricipio di buona fede, rappresenterebbe un’incertezza eccessiva per l’utente, che ben si sarebbe forse astenuto dal mantenere in essere il servizio se avesse saputo dell’aggravio.
Peraltro la società che gestisce la fornitura dell’acqua, nonostante la concessione ottenuta dall’Ato, non si trova in una posizione di supremazia rispetto al consumatore e il contratto è regolato dalle norme del codice civile, come quelle che disciplinano i rapporti tra due privati posti sullo stesso piano.
Risultato: se è lecito l’aumento delle tariffe sulla base della delibera adottata dall’autorità d’ambito, non è però legittimo farlo sui consumi pregressi, già fatturati e pagati.
Prescrizione del conguaglio
Proprio perché il conguaglio presenta importi particolarmente elevati, molti giudici hanno ritenuto illegittime le relative bollette inviate a distanza di molto tempo. Esiste un termine di prescrizione per le bollette dei conguagli che è di cinque anni. La prescrizione in questo caso decorre non dalla emissione della fattura ma dall’annualità di riferimento.
Per capire da quando decorre la prescrizione è quindi necessario individuare il giorno entro il quale il gestore, per il tramite del distributore, avrebbe dovuto effettuare la lettura del contatore.La lettura del contatore deve avvenire almeno una volta all’anno al fine di effettuare i dovuti conguagli e correggere i rapporti di “dare” e “avere” tra le parti. Si può procedere alla quantificazione della bolletta secondo «consumi stimati» – quelli cioè operati secondo calcoli presuntivi dell’uso dell’utenza nei mesi precedenti – solo laddove non sia avvenuta l’autolettura dell’utente o non sia stato possibile eseguire la lettura del contatore. Ecco perché è comunque obbligo della società erogatrice del servizio dar prova di aver tentato, almeno una volta all’anno, la suddetta lettura con l’invio di un proprio delegato al domicilio dell’utente. Solo tale adempimento infatti riesce a determinare, con esattezza, gli importi dovuti dal consumatore sulla base dei consumi effettivi – e non semplicemente “stimati” – realizzati nel corso dell’anno. In difetto di ciò, qualora la fattura sia sproporzionata può essere contestata davanti al giudice e annullata.