Il mio unico appartamento con procedura esecutiva alla quarta asta è stato aggiudicato ad un prezzo basso a fronte di una stima iniziale alta. Io trovandomi in condizione di sovraindebitamento riconosciuto dal tribunale di residenza che ha nominato un professionista per redigere il piano del consumatore, posso far confluire i miei debiti verso diversi creditori sul ricavato finanziario della vendita? E, nel caso il prezzo a cui la casa è stata aggiudicata sia troppo basso, posso richiedere una nuova procedura visto che all’ultima asta erano presenti tre offerenti ed è intervenuto un terzo ad abbassare le offerte che altrimenti sarebbero state più elevate? Preciso che l’immobile di mia ex proprietà si trova in un condominio abusivo e che durante il periodo  intercorso dalla redazione della perizia giurata e l’ultima asta, uno dei condomini ha costruito un appartamento in uno spazio accatastato come garage senza le prescritte autorizzazioni edilizie che prevedono il cambio di destinazione d’uso.

Il lettore avrebbe potuto eccepire la violazione di due norme del codice di procedura civile. L’articolo 591 c.p.c. in tema di espropriazione immobiliare, fissa una soglia oltre la quale il giudice non può disporre la vendita; infatti, il giudice può fissare un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il terzo tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà.

Pertanto, se dovesse essere disposta la vendita del proprio bene immobile per un prezzo inferiore di oltre la metà a quello stimato dal perito all’interno della procedura esecutiva, si potrebbe eccepire la violazione di questa norma codicistica e, conseguentemente, chiedere l’estinzione della procedura.

Inoltre, secondo l’articolo 164 bis delle disposizioni attuative del codice di procedura civile, quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, deve essere disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.

Pertanto, nel caso specifico, il lettore avrebbe potuto dimostrare che quel prezzo, troppo basso, non soddisfaceva ragionevolmente le pretese dei creditori e delle somme da loro portate a credito, così chiedendo la chiusura anticipata del processo.

Tuttavia, si è adoperato fino ad ora il condizionale poiché, a norma del codice di procedura, l’opposizione del debitore può essere fatta ma entro venti giorni dalla notifica del provvedimento che si vuole impugnare.

In questo caso, il provvedimento da impugnare non è l’aggiudicazione (atto di natura dichiarativa, non esecutiva), ma il provvedimento con il quale il giudice ha disposto la vendita a quei ribassi. Pertanto, passata la fase della vendita e, addirittura, quella dell’aggiudicazione, non si potrà più rimediare agli eventuali provvedimenti non conformi emanati da quel giudice, poiché è intervenuta la decadenza processuale.

Il fatto che l’immobile di ex proprietà del lettore si trovi in un condominio abusivo potrà creare problemi all’acquirente, ma non potrà permettere al lettore di contestare l’aggiudicazione. Detta azione doveva essere fatta in un momento antecedente.

A questo punto, non ci sono altri rimedi per il lettore per riuscire a riottenere il suo immobile; chi gli ha consigliato di non agire a tempo debito, ha delle grosse responsabilità sul punto.

 

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Salvatore Cirilla

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