Se gli avvisi di accertamento fiscale sono nulli senza la firma del capo ufficio o delegato, cartelle e ruoli possono limitarsi a indicare il nome e cognome del responsabile del procedimento.
Un contratto o qualsiasi altra scrittura senza firma del suo autore è nullo, o meglio è come se non fosse mai venuto ad esistenza perché manca proprio il suo elemento caratterizzante: la riconoscibilità a uno specifico soggetto. Altrettanto non è valida la firma fatta al computer. Ma questo principio, che per i privati può essere superato solo con la firma digitale (quella cioè realizzata al computer grazie all’ausilio di un particolare software), non vale invece sempre per la pubblica amministrazione e, in particolare, per gli atti fiscali. Ti sarà certamente capitato di ricevere una multa per violazione del codice della strada dove, al posto della sottoscrizione dell’agente accertatore, c’è solo l’indicazione (stampata al computer) del suo nome e cognome. È la cosiddetta «firma a stampa» che, a detta della giurisprudenza, è valida in quanto sufficiente a garantire la riconoscibilità dell’atto stesso all’organo che l’ha emesso (la carta stampata, il numero di matricola, ecc.). Del resto, l’esonero dall’obbligo di firmare tutti gli atti serve anche per semplificare le procedure amministrative. Ebbene, questo stesso principio vale anche per le cartelle esattoriali, ossia per le richieste di pagamento inviate dall’Agenzia Entrate Riscossione o da qualsiasi altro esattore. È quanto ricorda la Cassazione con una sentenza recente [1]. Principio diametralmente opposto vale invece per alcuni atti dell’Agenzia delle Entrate dove invece la firma è un elemento essenziale. Ma procediamo con ordine e vediamo quali cartelle e accertamenti senza firma sono nulli.
Indice
- 1 La cartella di pagamento senza firma è valida
- 2 Gli avvisi dell’Agenzia delle Entrate
- 3 Gli altri atti della pubblica amministrazione
La cartella di pagamento senza firma è valida
Partiamo proprio dalla famigerata cartella esattoriale, ossia dall’atto che viene notificato al contribuente dopo che il tributo o la sanzione, in quanto non pagato nonostante l’intimazione della pubblica amministrazione, viene iscritto a ruolo e passato all’esattore per la riscossione forzata. La cartella non deve essere necessariamente firmata – e di fatto non lo è mai – pur rimanendo ugualmente valida. L’importante è che sia indicato il nome del responsabile del procedimento cui eventualmente richiedere chiarimenti in via amministrativa (fermo restando che la sede più opportuna per contestare la cartella resta sempre quella giudiziaria: la commissione tributaria provinciale per le imposte, il tribunale per i contributi Inps e Inail, il giudice di pace per le multe). In particolare, in base alla legge [2], la cartella esattoriale deve indicare il nome e cognome del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e del responsabile del procedimento di emissione e notificazione della cartella. In assenza di tali indicazioni l’atto è nullo e può essere impugnato.
Si tratta di due soggetti diversi in quanto l’iscrizione è effettuata dall’ente creditore (ad esempio l’Agenzia delle Entrate, l’Inps, ecc.) mentre la cartella è formata e notificata dall’Agente della riscossione (fino al 1° luglio 2017 Equitalia, successivamente l’Agenzia delle Entrate-Riscossione).
L’omessa indicazione del responsabile del procedimento – e solo questa – comporta la nullità della cartella. Ma questo non significa che la sua firma sia necessaria: è sufficiente l’indicazione delle sue generalità (nome e cognome), né c’è bisogno di una sigla riprodotta al computer o di un timbro. La cartella è, infatti, un atto dotato di una certa “autorevolezza”, tanto è vero che, da sola, consente di agire con il pignoramento senza previa verifica di un giudice. Quindi, la trasparenza dell’attività amministrativa è rispettata dal fatto che il nome e il cognome del funzionario competente è indicato nell’atto, in modo che il contribuente sappia a chi rivolgersi in caso di dubbi, contestazioni o altri problemi di sorta con il pagamento.
Sulla stessa linea d’onda è la sentenza dell’altro ieri della Cassazione: la mancata sottoscrizione del ruolo o della cartella esattoriale da parte del funzionario competente non determina la nullità dell’atto, posto che la apposizione della firma è essenziale solo quando la legge lo prevede espressamente.
Pertanto, l’omessa sottoscrizione del ruolo da parte del capo dell’ufficio non incide, in alcun modo, sulla validità dell’iscrizione a ruolo del tributo, poiché si tratta di atto interno e privo di autonomo rilievo esterno, trasfuso nella cartella da notificare al contribuente.
Inoltre, essendo un atto amministrativo, la cartella esattoriale e il ruolo in essa riportato sono assistiti da una presunzione di legittimità che spetta al contribuente (e non all’Amministrazione finanziaria) superare mediante prova contraria.
Gli avvisi dell’Agenzia delle Entrate
Discorso diverso deve essere fatto per alcuni atti fiscali, quali ad esempio l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate in materia di imposte sui redditi (ad esempio per l’Irpef) e sull’Iva. Per questi è la legge stessa ad imporre la necessità di una firma [3].Deve, in particolare, sussistere la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro funzionario della carriera direttiva da lui delegato, a pena di nullità. Quando l’atto è sottoscritto da un funzionario delegato e il contribuente contesta la validità della firma, spetta all’Agenzia delle Entrate provare l’esistenza delega. In caso di mancata prova, l’avviso di accertamento è nullo.
La delega al funzionario deve essere necessariamente scritta, motivata (deve cioè indicare per quali ragioni il dirigente non ha potuto firmare l’atto: una malattia, l’assenza, una missione, ecc.), delimitata temporalmente (deve cioè indicare la data di inizio e di fine validità della delega), deve indicare nome e cognome del delegato (non può limitarsi alla semplice indicazione delle sue mansioni).
Gli altri atti della pubblica amministrazione
Per tutti gli altri atti amministrativi vige il principio che «l’atto amministrativo non è invalido solo perché privo di sottoscrizione, in quanto la riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato può essere desunta anche dal contesto dell’atto stesso».