Smontate le difese dell’Agente della Riscossione e, in passato, anche quelle sostenute da Equitalia: i mandati agli avvocati erano nulli.

Equitalia al palo e, con essa, tutti gli altri Esattori dello Stato, ivi compresa la neonata Agenzia Entrate Riscossione: smontate, in una sola sentenza, le difese in giudizio sostenute, per tutti questi anni, dall’amministrazione finanziaria a causa di un errore sostanziale che doveva essere rilevato da tutti i tribunali (cosa che, invece, quasi mai è successo). Ad accorgersene è stata una recentissima sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria [1] che ha svelato la violazione commessa ai danni dei contribuenti: gli incarichi esterni affidati ad avvocati, nel ruolo di difensori in causa dell’Agente per la riscossione e dell’Agenzia delle Entrate, sono tutti nulli. Vuol dire che non potevano essere concessi. Tali enti dovevano difendersi da soli, con personale interno. La conseguenza è dirompente: il giudice è obbligato non solo a non ascoltare ciò che dice, in udienza, il legale che difende l’esattore, ma anche a non tenere in considerazione tutte le prove da questi prodotte, ossia i documenti, quelli che dimostrano ad esempio che una cartella di pagamento è stata consegnata a un familiare o che una raccomandata è stata firmata dal destinatario. Non si tratta, peraltro, di un principio isolato, visto che ad accorgersi dell’inghippo, questo stesso anno, è stato un altro importante tribunale, quello di Napoli [2]. Ecco dunque come difendersi in causa da Agenzia Entrate Riscossione.

Forse arriva troppo tardi la “sentenza chiave” della Commissione Tributaria Regionale della Liguria, ma non troppo per svelare quello che Equitalia ha fatto in passato e, in futuro, potrebbe ripetere anche Agenzia Entrate Riscossione. La questione è tutt’altro che tecnica e può essere compresa anche dai non addetti ai lavori. Ad illustrarla ai giudici liguri è stato il dott. Giuseppe Lepore, che ha patrocinato la causa in questione per conto di un contribuente, vincendo il ricorso. Ecco di cosa si tratta.

Ben due anni fa un decreto legislativo [2] ha stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2016, l’Agenzia delle Entrate e l’agente per la riscossione (ora Agenzia delle Entrate Riscossione, ma per il passato il principio valeva anche per Equitalia) possono costituirsi in causa solo tramite personale interno o facente parte della sovrastruttura. Non è, pertanto, più accettabile la delega di rappresentanza concessa ad avvocati esterni. Indirettamente la legge del 1992 [3] conferma tale linea stabilendo che le «le parti diverse dagli Enti impositori, dagli Agenti della Riscossione, ecc. devono essere assistite in giudizio da difensore abilitato».

Ebbene – si legge nella sentenza in commento – «se l’errore poteva essere scusato nell’immediatezza della norma, altrettanto non si può dire in questa sede». Tralasciando il fatto che, se a sbagliare il giorno dopo l’emanazione di una legge è il contribuente, questi paga caro e amaro il proprio errore, la sentenza fa notare come non è più possibile “chiudere un occhio” visto che ogni giudice dovrebbe essere al corrente della norma che vieta ad Agenzia Entrate Riscossione (e ad Equitalia per il passato) di valersi di avvocati esterni.

Il secondo chiarimento contenuto nel provvedimento in commento salva migliaia di contribuenti: la Ctr Liguria precisa che «L’errata costituzione – determinata dall’impossibilità di concedere delega a soggetti non interni all’ufficio – può essere rilevata in qualsiasi grado di giudizio dal magistrato». Tradotto significa che se un contribuente ha già impugnato una cartella esattoriale e ha perso la causa per qualsiasi altra ragione, qualora siano ancora aperti i termini per fare appello o ricorso in cassazione, può ugualmente sollevare l’eccezione in questione – quella cioè di difetto di costituzione – anche se non lo aveva fatto in primo grado (magari perché non ne sapeva l’esistenza). Questo perché a dover rilevare il difetto di rappresentanza degli avvocati esterni all’Agente della riscossione doveva essere il giudice e non tanto il contribuente. Con la conseguenza che si tratta di una censura che può essere mossa in qualsiasi stato e grado della causa.Il fatto che – a detta dell’amministrazione finanziaria – la norma del 2015 sembra non contenere un vero e proprio obbligo non sposta di un millimetro i termini della questione. Secondo infatti la Commissione Tributaria della Liguria [5] la violazione di tale disposizione ha sempre effetti determinanti nell’iter della causa. Ciò determina l’estromissione dal giudizio di Equitalia, Agenzia Entrate Riscossione, con conseguente impossibilità di valutare tutte le prove da questi prodotte.

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