Gli ultimi aggiornamenti e norme in tema di multe e sanzioni: ecco come si evolve la materia sugli aspetti quotidiani della vita dei cittadini
Scagli la prima pietra chi non si è mai trovato a fare i conti con multe e sanzioni di ogni tipo. Una vera e propria spada di Damocle pronta a pendere sul capo di tutti i cittadini alle prese con violazioni o errori civili e amministrativi. Nuove frontiere in tema di violazione del codice della strada, autovelox. Oppure sanzioni per qualsiasi tipo di debito contratto con lo Stato. Oppure ancora altre tipologie di violazioni e illeciti civili. Il diritto e la legge si evolvono di giorno in giorno, grazie anche a nuove sentenze, ordinanze, circolari dei ministeri. Tutti atti destinati a rivoluzionare il campo di applicazione delle sanzioni. Ecco allora un articolo in cui cerchiamo di fornire, costantemente, un quadro sulle ultime novità in tema di multe e sanzioni, in modo da tenere sempre informato il lettore. Non dovrai quindi trovare altri link su Google: potrai mettere questa pagina tra le preferite del tuo browser in modo da richiamarla, di tanto in tanto, e scoprire cosa di nuovo è successo in materia di multe e sanzioni.
Indice
- 1 Guida spericolata per soccorrere un animale: multa legittima
- 2 Dirigente tarda ad agire in autotutela: deve pagare i danni
- 3 Mancato versamento Iva: la crisi di liquidità non lo giustifica
- 4 Fatture false: con il ravvedimento operoso si patteggia
- 5 Niente carcere per chi camuffa la targa dell’auto
- 6 Collare antiabbaio è reato: multe ai padroni per maltrattamento
- 7 Multa autovelox su rettilineo: nulla se il verbale è generico
- 8 Multe e sanzioni: partita la notifica via Pec
- 9 Tutor camuffato da cartello autovelox: la multa è nulla
Guida spericolata per soccorrere un animale: multa legittima
Evidentemente esseri umani e animali non hanno la stessa dignità, almeno per la Corte di cassazione [13]. Lo si desume dal trattamento ricevuto da un medico veterinario, multato mentre guidava a grande velocità sorpassando le auto ferme al semaforo rosso, per precipitarsi a soccorrere un cane affetto da osteosarcoma in fase terminale. Questo nonostante in quella corsa, il medico fosse scortato dalla polizia, che dopo avergli fatto la multa, lo ha accompagnato sul posto. Il veterinario aveva fatto ricorso contro la sanzione, appellandosi allo stato di necessità derivante dalla fretta di arrivare sul posto per prestare cure urgenti all’animale.
Il Giudice di pace di Ancona aveva compreso le motivazioni del medico e accolto il suo ricorso, annullando il verbale, che lo aveva visto multato per aver sorpassato le auto ferme al semaforo, invadendo la corsia di marcia opposta.
Peccato però che Ministero dell’interno e prefettura (non concordi) sono ricorsi in Cassazione. I giudici della suprema Corte hanno completamente ribaltato la decisione del Giudice di pace. La Corte ha stabilito che si possono escludere responsabilità amministrative per casi di questo tipo solo quando in gioco c’è un grave danno alla persona, cioè quando sia in pericolo la vita di un essere umano, non quella di un animale.
In sostanza, un animale sta morendo e tu sei il suo veterinario chiamato a soccorrerlo? Non sei giustificato a guidare in modo spericolato per giungere sul posto quanto prima ed alleviare le sue sofferenze. Devi comunque rispettare il codice della strada, senza utilizzare come giustificazione lo stato di necessità. Se non lo fai la sanzione amministrativa è legittima.
Dirigente tarda ad agire in autotutela: deve pagare i danni
Siete dirigenti pubblici – ad esempio comandanti della polizia locale di un comune – e, in barba al codice della strada, decidete di posizionare erroneamente un sistema di autovelox, che produce un mare di multe. Gli automobilisti inviperiti fanno ricorso per annullamento dei verbali e tutti vincono questi ricorsi. Che ne è di tutte le spese che l’amministrazione è costretta a sostenere? La Corte dei corti ha deciso che sarete sanzionati per danno erariale e dovrete pagare i danni causati [12].
Il condannato dalla Corte in questione per danno erariale è proprio un comandante di polizia locale, che su una strada classificata come E, e quindi secondo il codice della strada, con l’esclusiva possibilità di installazione di autovelox a rilevazione immediata della velocità, aveva invece fatto installare un autovelox fisso, ottenendo come conseguenza una raffica di multe. Verbali a cui molti automobilisti hanno presentato ricorso, vincendolo. Il comandante era prima stato condannato in primo grado al pagamento 152 mila euro per le spese sostenute dall’amministrazione per la notifica dei verbali e per i ricorsi degli automobilisti accolti. La Corte dei conti ha poi rilevato la colpa grave del dirigente, confermando la condanna al pagamento dei danni. Anche se, per via del fatto che, riconosciuto l’errore (con ritardo), fossero stati annullati alcuni verbali, la somma da versare si è notevolmente ridotta.
Il motivo della conferma parziale della condanna è presto detto: riconosciuto l’errore fatto (anche se dopo un mese), il comandante avrebbe dovuto rispondere immediatamente alle istanze in autotutela, annullando subito le multe. Invece il comando di polizia municipale, di fronte alle richieste di annullamento con l‘autotutela, ha risposto picche, rigettandole, non lasciando altro spazio ai cittadini se non l’impugnazione. L’autotutela c’è poi stata, ma solo dopo un anno.
Occhio quindi a come utilizzate il vostro potere di dirigenti. Se le vostre azioni sono palesemente in contrasto con il codice della strada, e di fronte al ricorso in autotutela per annullamento delle multe, rispondete a muso duro, potreste essere sanzionati e condannati per danno erariale a risarcire all’amministrazione pubblica le spese sostenute.
Mancato versamento Iva: la crisi di liquidità non lo giustifica
Mettiamo che tu sia il rappresentante legale di una società e ometta di versare entro i termini dovuti l’acconto Iva riferito al periodo di imposta successivo. Vieni condannato a 5 mesi di reclusione, ma decidi di fare ricorso, perché in quel periodo l’azienda stava attraversando una forte crisi di liquidità, dovuta a crediti non riscossi e tu non hai versato l’Iva per causa di forza maggiore (a causa di questa crisi), non certo perché non volevi farlo.
Non ti stupire se da oggi in poi i giudici risponderanno picche a questa tua impugnazione. Potranno farlo, forti del fatto che la Cassazione [11] ha deciso che la crisi di liquidità non può essere invocata per giustificare il mancato versamento Iva da parte dell’azienda ed evadere l’imposta tributaria. Questo problema economico non deve essere utilizzato come causa di forza maggiore. Almeno fino a quando non si è tentato di tutto per recuperare i crediti dovuti e non si dimostri la totale impossibilità a fronteggiare questa crisi. Fino ad allora non può essere utilizzata come scusante per escludere la tua colpevolezza.
Puoi venirne fuori solo in un modo: versando integralmente – compresi oneri amministrativi e sanzioni – le somme dovute all’erario. Un decreto del 2015 [10] infatti stabilisce che l’integrale pagamento degli importi dovuti diviene causa di non punibilità per il reato di cui sei stato accusato (è il ravvedimento operoso per intenderci). E questo – secondo la Corte – avviene sia che tu paghi interamente prima della dichiarazione di apertura dibattimento sia che saldi tutto dopo, purché tu lo faccia prima del giudicato.
Fatture false: con il ravvedimento operoso si patteggia
La Corte di cassazione contraddice Agenzia delle entrate e Guardia di finanza. La posta in gioco è la possibilità di utilizzare il ravvedimento operoso [9] per evitare la punibilità del reato tributario di falsa fatturazione e patteggiare. Il ravvedimento non è altro che uno strumento con cui il contribuente può regolarizzare violazioni, irregolarità e omissioni in materia tributaria.
In particolare Fisco e Guardia di finanza, in una serie di quesiti in merito, avevano espressamente ribadito poco tempo fa come non sia possibile utilizzare il ravvedimento operoso quando si viene pescati nel pieno di condotte fraudolente come le false fatturazioni, per evitare di essere puniti e ridimensionare la sanzione applicata. La condotta fraudolenta mirata a false fatturazioni per operazioni inesistenti non si può quindi correggere.
Non sono dello stesso avviso invece i giudici supremi della Cassazione, che con una sentenza dello scorso febbraio [8] – destinata ad aprire un braccio di ferro con l’amministrazione tributaria – hanno rovesciato la posizione, dando il via libera al ravvedimento operoso nei casi di reati tributari come le fatture false, come prerequisito per patteggiare. Sempre che si corra a sanare tutti i debiti tributari, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
La questione su cui si è espressa la suprema Corte vedeva protagonista la legale rappresentante di una società accusata e condannata dal tribunale a due anni di reclusione, per aver indicato, nella dichiarazione annuale delle imposte, passivi fittizi, avvalendosi di fatture false per operazioni mai avvenute, allo scopo di evadere il fisco. È qui che i giudici supremi hanno ammesso la correzione spontanea della condotta fraudolenta dell’imputata, ribadendo la possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso. Patteggiamento che può essere richiesto però solo pagando integralmente i debiti dovuti – compresi di sanzioni amministrative e interessi – prima della dichiarazione di inizio dibattimento.
L’agenzia delle entrate è dunque avvisata. Vedremo se la sentenza della Corte verrà accolta e se servirà a chiarire la vicenda e dare una risposta definitiva alla questione.
Niente carcere per chi camuffa la targa dell’auto
Ancora una strizzatina d’occhio agli automobilisti furbetti (almeno in parte). A darla è la Cassazione, in riferimento a un comportamento che più volte si è visto in chi vuole evitare di essere preso in castagna dall’autovelox. Il fatto in questione è la copertura della targa dell’auto. Magari con lo scotch, pronto a tagliare e trasformare una T in una I e modificare qualsiasi altra lettera. Lo scopo è fare in modo che dalla foto dell’autovelox non si riesca a risalire (almeno così si crede) alla targa corretta. Un comportamento che finora è stato inserito tra i reati puniti ai sensi di un articolo del codice penale [6] che stanga chi sopprime, distrugge e occulta un atto pubblico vero, per trarne un vantaggio. Reato per cui è previsto il carcere. Almeno lo era. Fino al momento in cui – a febbraio 2018 – i giudici della Cassazione hanno deciso di applicare la mano più morbida verso questo comportamento [7]. Non hanno negato la condannabilità del fatto, che comunque continua a ruotare attorno alla norma del codice penale per distruzione o occultamento di sigillo pubblico (e la targa lo è), ma ne hanno riconosciuto la tenuità. Non si rischia più quindi il carcere, al massimo una multa (che rientra però sempre nella sfera penale, anche se economica). Il riconoscimento della tenuità del fatto comunque potrebbe portare a un’archiviazione del processo, e quindi anche della pena, per condotta non grave.
Collare antiabbaio è reato: multe ai padroni per maltrattamento
Usciamo per un attimo dalle questioni riguardanti multe stradali e autovelox e addentriamoci negli obblighi previsti per i proprietari di cani e altri animali domestici. Anche qui infatti sono previste sanzioni e multe se se violiamo certi comportamenti a danno dei nostri amici a quattro zampe. Ad esempio in caso di abbandono o maltrattamento.
Ultima della Cassazione [5], che pone fine (si spera) alla tanto discussa consuetudine di punire l’istinto urlatore dei nostri cani – l’abbaio – è dello scorso 24 gennaio. Spesso si utilizzano collari antiabbaio che rilasciano scariche elettriche ogni volta che Fido apre la bocca per emettere voce e abbaiare. La Corte ha detto basta a questa pratica, confermando la condanna di un proprietario di Verona, che obbligava i suoi due cani a indossare questo collare. Il comportamento, secondo i giudici della suprema Corte, è paragonabile a un vero e proprio maltrattamento nei confronti degli animali perché incide sul loro benessere psico-fisico. In pratica, il collare antiabbaio è considerato maltrattamento e, in quanto tale, reato penale, punibile con detenzione o multa. In signore in questione si è visto infliggere una sanzione di 800 euro più duemila euro alla Cassa delle ammende. I proprietari di cani sono avvisati.
Multa autovelox su rettilineo: nulla se il verbale è generico
Tornando alle nostre odiate multe da autovelox, la Cassazione pochi mesi fa ha inflitto un altro duro colpo alla sciatteria e alla genericità con cui talvolta gli organi di polizia giustificano i loro verbali contestati successivamente (e non istantaneamente). Un’ordinanza della suprema Corte [4] stabilisce che non può essere fatta una multa tramite autovelox su un lungo rettilineo, senza intimare prima l’alt all’automobilista. Non si capisce come mai – secondo i giudici – non si possa trovare il tempo su una strada così lunga di fermare il guidatore, anziché contestare il verbale successivamente con le solite giustificazione generiche che vengono scritte nei verbali.
Se proprio non si riesce a fermare l’automobilista, la motivazione del verbale deve essere specifica e non generica e di facciata. Qualora invece lo fosse, l’automobilista può fare ricorso per annullare la multa.
Multe e sanzioni: partita la notifica via Pec
Era stato annunciato ed ora è pronto a concretizzarsi. Prende il via la sperimentazione digitale delle multe e sanzioni notificate via Posta Pec. Siete spaventati? Forse è meglio cominciare ad entrare in confidenza con questo nuovo modo di comunicare le multe.
Un decreto [2], pubblicato in Gazzetta ufficiale a gennaio 2018, ha introdotto la possibilità per gli organi di polizia di notificare i verbali di contestazione della multa inflitta all’indirizzo di posta Pec (posta elettronica certificata, utilizzata per le e-mail di valore legale) del cittadino trasgressore che ne sia in possesso.
La notifica va fatta a chi ha commesso l’infrazione e al proprietario dell’auto con cui è stata commessa la violazione. Inoltre, gli agenti possono anche andare a ricercare questo indirizzo Pec (qualora in fase di multa non venga comunicato dal cittadino) nei pubblici elenchi.
Ma per quali tipologie di multe e sanzioni è possibile ricevere la notifica via Pec? Una circolare del Ministero dell’interno [3], emanata a febbraio 2018, ha dato alcuni chiarimenti in merito. Ha stabilito infatti che tra le violazione notificabili all’indirizzo di posta certificata del trasgressore ci sono: tutte le sanzioni amministrative, comprese quelle relative al cronotachigrafo (la sorta di scatola nera che per legge deve essere installata su tutti i veicoli adibiti al trasporto di persone superiore alle 3,5 tonnellate e su tutti gli autobus con oltre 9 posti). Vanno tutte notificate via Pec seguendo la procedura del codice dall’amministrazione digitale.
Occhio però, le notifiche via Pec valgono solo se accertate dagli agenti di polizia in carne ed ossa. Mai da autovelox o telecamere della Ztl.
Tutor camuffato da cartello autovelox: la multa è nulla
Guerra dichiarata dal Giudice di pace di Terracina alle amministrazioni comunali furbette [1]. Nell’odissea continua degli automobilisti, alle prese con il controllo della velocità su strada, degli autovelox, dei tutor e di tutte le multe che ne arriva un’importante novità destinata a fare giurisprudenza. Il cartello che segnala la presenza del Tutor non può multare gli automobilisti spacciandosi per avviso di autovelox. Sono infatti due cose ben distinte.
Il Giudice di pace è stato fermo nel ribadire che Tutor e Autovelox sono due cose ben distinte. Il tutor deve vegliare sulla sicurezza stradale, anche mediante il controllo elettronico e il suo strumento di misurazione della velocità consiste nel catturare la velocità media dell’automobilista, utilizzando due punti diversi di misurazione (porta di entrata e di uscita). L’autovelox invece rileva la velocità in modo istantaneo in un unico punto.
Se l’amministrazione invece mette su strada un sistema di Safety Tutor, con un cartello che induce l’automobilista a pensare che sia invece un autovelox, alterando così la sua percezione della guida e portandolo a rallentare e accelerare al superamento dell’apparecchiatura e addirittura a rischiare incidenti, ecco che sbaglia. E l’automobilista può tranquillamente fare ricorso per vedersi annullare multa. Proprio come è successo al cittadino ricorrente che si è visto accogliere il ricorso da questo Giudice.