La dilazione di pagamento è una modalità di adempimento dell’obbligazione concessa dal creditore al debitore e consistente in un maggior periodo rispetto alla scadenza predeterminata per assolvere all’impegno assunto.

In ambito tributario non esiste una normativa che disciplina il diritto di dilazione ma le norme di riferimento sono quelle previste per la dilazione della cartella di pagamento, ovvero gli articoli 19 D.P.R. 602/1973 e seguenti, che disciplinano in generale la riscossione delle imposte sul reddito.

La rateizzazione viene accordata dall’agente della riscossione su richiesta del contribuente, nel caso in cui quest’ultimo versi in una temporanea ed obiettiva situazione di difficoltà.

Nel caso in cui le somme iscritte a ruolo siano di un importo inferiore a 60.000 euro è concessa sulla base della sola dichiarazione del contribuente; nel caso in cui siano superiori a 60.000 euro, il contribuente dovrà necessariamente documentare la sua situazione di difficoltà.

Su tali somme sono dovuti gli interessi, il cui ammontare è determinato nel provvedimento con il quale viene accordata la prolungata rateazione dell’imposta, ai sensi dell’articolo 21 D.P.R. 602/1973.

Sennonché l’articolo 2 D.Lgs. 472/1997, che disciplina in modo specifico le sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, prevede espressamente che “la somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi”.

Ciò posto, in caso di rateizzazione delle somme irrogate con cartella esattoriale a titolo di sanzione, l’agente per la riscossione non può applicare gli interessi; ciò è stato chiarito dalla Corte di Cassazione, conordinanza n. 16553 del 22.06.2018.

Nel caso di specie, la contribuente ha proposto ricorso avverso il provvedimento con il quale l’agente della riscossione aveva accolto l’istanza di rateizzazione del debito per la temporanea situazione di obiettiva difficoltà del creditore.

Nello specifico, la società debitrice, nel proprio atto, aveva eccepito l’illegittimità dell’applicazione degli interessi di dilazione sulle somme dovute a titolo di sanzioni, in violazione dell’articolo 2, comma 3, D.Lgs. 472/1997.

La CTP aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente ritenendo che il provvedimento di rateizzazione non rientrasse tra gli atti impugnabiliex articolo 19 D.Lgs. 546/1992.

La CTR adita, a seguito di impugnazione proposta dalla società contribuente, aveva riformato la sentenza di prime cure, affermando la giurisdizione del giudice tributario anche in materia di interessi relativi al tributo, nonché l’inapplicabilità degli interessi di dilazione sulle sanzioni.

L’agente della riscossione decideva di procedere ulteriormente avanti la Suprema Corte, rilevando tra i motivi di impugnazione la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 2, comma 3, D.Lgs. 472/1997 in relazione all’articolo 21 D.P.R. 602/1973, per avere la CTR adita erroneamente ritenuto, interpretando in modo errato tale ultimo articolol’inapplicabilità degli interessi di dilazione sulle somme in cui il pagamento era stato rateizzato e dunque anche sulle sanzioni.

Il Giudice di legittimità, con la richiamata ordinanza n. 16553/2018, ha rigettato il ricorso proposto dall’Ente di riscossione, confermando la sentenza emessa dalla CTR territorialmente competente.

Nello specifico, la Corte ha statuito che in caso di rateizzazione di somme iscritte a ruolo è illegittima l’applicazione degli interessi di mora e di dilazione applicati sulle somme dovute a titolo di sanzioni.

Sul punto la Corte ha precisato altresì che: “l’agente della riscossione, su richiesta del contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, concede la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, con esclusione dei diritti di notifica, fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Nel caso in cui le somme iscritte sono di importo superiore a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà. Sulle somme il cui pagamento è statorateizzato o sospeso si applicano gli interessi al tasso dei sei per cento annuo.”

Tuttavia, l’articolo 2, comma 3, D.Lgs. 472 /1992 in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie stabilisce che “la somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi.

Secondo i Giudici di legittimità tale norma dovrà applicarsi anche nell’ipotesi di dilazione di pagamento, dove i c.d. interessi di dilazione perseguono le medesime finalità proprie degli interessi comuni.

Tale norma è da considerarsi “eccezionale” e, pertanto, prevale sulla regola generale, articoli 19 21 D.P.R. 602/1973, in base al principio “lex specialis derogat generali”.

Ne consegue che, in caso di rateizzazione, sulle sanzioni non sono dovuti gli interessi di mora.

La Corte, pertanto, ha rigettato il ricorso proposto dalla concessionaria e ha compensato le spese del giudizio di legittimità.

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