Accollo imposte: il debito tributario non si può estinguere con la compensazione di un credito dell’accollante.
Chi si accolla il debito tributario di un’altra persona non può estinguerlo in compensazionecon un proprio credito verso il Fisco. È quanto si legge in una recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate [1] che offre una soluzione interpretativa fondamentale per disciplinare l’accollo tributario.
Prima di trattare il merito della questione, vediamo cos’è l’accollo e come funziona in ambito tributario.
Indice
L’accollo: cos’è e come funziona
L’accollo è un istituto espressamente disciplinato dal codice civile, attraverso il quale un terzo (accollante) si accolla il debito del debitore originario (accollato). Il creditore può aderire all’accollo liberando il debitore originario; la liberazione è possibile solo se costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore.
Se non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido col terzo.
In ogni caso il terzo è obbligato verso il creditore che ha aderito alla stipulazione nei limiti in cui ha assunto il debito, e può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta.
Nella sostanza, quindi, con l’accollo un soggetto assume negozialmente l’obbligo di estinguere il debito altrui, con eventuale liberazione del debitore originario laddove il creditore aderisca all’accordo.
L’accollo tributario: pagamento delle imposte altrui
Nell’ordinamento tributario, l’accollo delle imposte è possibile, ma il contribuente (debitore originario) non viene mai liberato.
Peraltro, come chiarito anche dalla giurisprudenza espressasi in argomento, assumere volontariamente l’impegno di pagare le imposte dovute dall’iniziale debitore non significa «assumere la posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma la qualità di obbligato (o coobbligato) in forza di titolo negoziale», tanto che l’Amministrazione finanziaria non può esercitare nei confronti degli accollanti «i propri poteri di accertamento e di esazione, che possono essere esercitati solo nei confronti di chi sia tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale».
La circostanza che il contribuente/soggetto passivo del rapporto tributario, al pari del credito fiscale che è tenuto per legge a soddisfare, rimanga sempre il debitore originario, pone il conseguente dubbio se, nell’accollo, possano trovare applicazione in favore dell’accollante le norme sulla compensazione.
Accollo tributario: il debito non si estingue con compensazione
Secondo l’Agenzia delle Entrate, l’accollante non può estinguere il debito per compensazione.
La compensazione, infatti, fatte salve limitate eccezioni previste specificamente da disposizioni normative, trova applicazione solo per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi.
L’estinzione per compensazione del debito tributario si determina allo stato della legislazione tributaria solo se espressamente stabilita; per esempio. le previsioni di compensabilità nella legge sull’Iva e nelle recenti leggi (per altre imposte) a favore del medesimo contribuente, sono tassative e dimostrano che la regola è la non compensabilità.
Ulteriore conferma si ricava dalle norme che rendono possibile l’”eventuale compensazione” in sede di versamenti unitari delle imposte (oltre che “dei contributi dovuti all’Inps e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali”) sol tanto in ipotesi di crediti dello stesso periodo e nei confronti dei medesimi soggetti.
Alla luce di quanto esposto, deve pertanto negarsi, in via generale, che il debito oggetto di accollo possa essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario.
Valide le compensazioni fino al 15 novembre 2017
L’Agenzia delle Entrate precisa che obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni richiamate spingono, comunque, a considerare come non punibili i comportamenti di coloro che hanno compensato i debiti con i crediti dell’accollante.
Sono, dunque, da considerarsi validi e non sanzionabili i pagamenti dei debiti accollati, effettuati tramite compensazione, prima della pubblicazione della risoluzione in esame, qualora siano stati spesi crediti esistenti ed utilizzabili.
Resta, invece, recuperabile in capo all’accollato l’imposta non versata se compensata dall’accollante con crediti inesistenti o non utilizzabili. In questa ipotesi tornano applicabili anche le relative sanzioni.
Compensazione debiti accollati dopo il 15 novembre 2017
Per i pagamenti successivi alla pubblicazione della risoluzione (e quindi dal 15 novembre 2017), ancorché riferiti a contratti di accollo antecedentemente stipulati, occorre distinguere la posizione dell’accollato da quella dell’accollante.
Per l’accollato, soggetto passivo del rapporto tributario e debitore originario, comunque tenuto all’adempimento, l’omesso pagamento comporterà il recupero dell’imposta non versata e degli interessi, nonché l’applicazione di una sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato.
Per l’accollante, l’utilizzo di un credito d’imposta in violazione delle modalità dettate dalle norme vigenti – fatta salva l’eventualità, da dimostrare secondo gli ordinari criteri probatori, che l’utilizzo del credito sia avvenuto contro la sua volontà o a sua insaputa – comporterà l’irrogazione della sanzione pari
- al 30% del credito utilizzato, qualora questo sia effettivamente esistente. In detta ipotesi, recuperata l’imposta in capo all’accollato, il credito dell’accollante tornerà utilizzabile secondo le regole ordinarie.
- dal 100% al 200% della misura dei crediti utilizzati, laddove inesistenti.