L’ansia per la cartella esattoriale annullata viene risarcita solo con la condanna alle spese processuali della parte soccombente.

Ti è arrivata una cartella esattoriale che ti intimava di pagare diverse decine di migliaia di euro: una somma improponibile per le tue possibilità. Ma la cartella si riferiva, in parte, a imposte già versate e, in parte, a somme ormai prescritte perché relative a numerosi anni fa. A questo punto, nonostante la palese illegittimità dell’atto e constatata la mancata collaborazione degli uffici che non hanno voluto concederti lo sgravio con “le buone”, hai dovuto incaricare un avvocato per il ricorso. Per come prevedibile, il giudice ha annullato la cartella di pagamento e ha condannato l’Agenzia Entrate Riscossione a pagarti le spese processuali. Ma per te la partita non è ancora finita. Infatti, in tutti questi anni, hai vissuto con l’ansia di un possibile pignoramento e, per questa ragione, più di una notte non hai dormito. Hai consultato più di un consulente per sapere, in caso di sconfitta processuale, quale sarebbe stato il tuo destino, se a rischiare sarebbero stati solo i tuoi beni o anche i tuoi familiari, la casa o la pensione. Alla fine hai subito quella che, a tuo dire, sarebbe una vera e propria depressione per cartella esattoriale illegittima: che fare in questi casi? Ti spetta un ulteriore risarcimento del danno oltre alla restituzione delle spese pagate per il ricorso? La risposta è stata fornita a più riprese dalla Cassazione.

Secondo la Corte [1], non deve essere riconosciuto alcun risarcimento a chi lamenta la lesione del proprio diritto alla tranquillità, atteso che trattasi di una lesione che non può essere monetizzata, ma solo quando si tratta di abituali sconvolgimenti della quotidianità consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altra insoddisfazione. In quanto tali non sono meritevoli di risarcimento. Non si può quindi risarcire il contribuente che, per numerosi mesi, sia stato costretto ad attivarsi fra solleciti, dinieghi, lungaggini e code agli sportelli per ottenere l’annullamento di una cartella esattoriale o che, addirittura abbia dovuto fare ricorso al giudice, vincendolo. In quest’ultimo caso, infatti, esistono già gli strumenti processuali che consentono di ottenere un ristoro e sono:

  • la condanna alle spese processuali della parte soccombente;
  • l’ulteriore condanna alla lite temeraria laddove l’agente della riscossione abbia resistito alla pretesa del contribuente con dolo o colpa grave, ossia consapevole dell’illegittimità del proprio operato o dovendone comunque essere a conoscenza.

L’ansia e lo stress dunque sono disagi che non possono essere risarciti; allo stesso modo dicasi per le notti insonni o la depressione che non può essere certificata da una struttura pubblica e che non abbia, come unica causa, il comportamento illegittimo del fisco.

Diverso è il discorso quando il danno morale può essere dimostrato e vi sonocertificati medici che lo attestano. Sono numerose le sentenze dei giudici e della Cassazione che riconoscono il risarcimento nei casi più gravi. Nel lontano 1999 [2] la Cassazione a Sezioni Unite ha sancito la piena risarcibilità dell’interesse legittimo, travolgendo il principio secondo cui il cittadino non poteva far altro che subire, inerme, l’esercizio del potere da parte della Pubblica Amministrazione. Il principio è stato esteso anche ai comportamenti illegittimi del fisco [3]. L’attività della pubblica amministrazione, anche in campo tributario, deve infatti svolgersi non solo nei limiti posti dalla legge, ma anche entro quelli sanciti dal principio generale di non arrecare danni ai cittadini.

Pure l’Agenzia delle Entrate, pertanto, è soggetta alla responsabilità civile. Ad esempio, due sentenze del Giudice di Pace di Mestre [4] hanno risarcito al cittadino il danno patrimoniale subito per aver dovuto ricorrere all’assistenza di un commercialista per la redazione dell’istanza di sgravio relativa ad una cartella di pagamento indebita. La Cassazione, nel 2003 [5], ha ribadito la piena risarcibilità del danno patrimonialecostituito dalle spese legali sostenute dal contribuente per fronteggiare la pretesa ingiusta dell’amministrazione finanziaria, richiamando le tutele dello statuto del contribuente.

Anche sul fronte del risarcimento del danno non patrimoniale ci sono svariate sentenze che ammettono la possibilità di chiedere il risarcimento [6], anche e soprattutto in termini di ansie, stress, patemi d’animo perduranti nel tempo e suscettibili di trasformarsi in una vera e propria patologia. Si pensi all’ipotesi tutt’altro che remota di ipoteca illegittima iscritta sulla casa

Tra tutte, la pronuncia più importante è la sentenza del 2004 della Cassazione [7], che ha affermato la risarcibilità del danno (anche) non patrimoniale derivante da illegittimo comportamento dell’Amministrazione finanziaria essendo violato l’interesse alla serenità familiare (che è un diritto tutelato dalla Costituzione). Resta comunque necessario e imprescindibile dare prova in giudizio del turbamento sofferto in conseguenza del ricevimento della cartella illegittima. In altri termini la depressione, lo stress e l’ansia non possono essere solo lamentate ma vanno dimostrate con certificati alla mano.

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