Mi è stata notificata una cartella di pagamento ad un indirizzo diverso da quello in cui ho il domicilio fiscale. Come devo comportarmi? Devo pagare?

Il potere di disporre, anche nell’esercizio dei poteri di autotutela, lo sgravio di un importo e/o l’annullamento di un atto, spetta all’Ente creditore che quell’atto ha emesso (atto che costituisce il necessario presupposto di tutta la successiva fase di riscossione affidata ad Equitalia) e, quindi, nel caso del lettore tale potere spetta all’Agenzia delle entrate. Il suggerimento pratico a questo punto è quello di inviare l’istanza con raccomandata a.r. (allegando copia di documento di identità) direttamente all’Ente creditore (e per conoscenza ad Equitalia) evidenziando che la notificazione a suo tempo eseguita deve considerarsi nulla (con tutte le conseguenze anche in ordine alla debenza della somma pretesa) in quanto sarebbe stata eseguita in luogo diverso dal domicilio fiscale. A tal riguardo, gli atti da notificarsi ai contribuenti devono esserlo nel domicilio fiscale del destinatario che è per le persone fisiche fissato nel Comune nella cui anagrafe esse sono iscritte (salvi i casi in cui il contribuente abbia eletto un domicilio specifico comunicandolo all’ufficio) [1]. Si tenga presente che le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate, mentre, ai soli fini delle notificazioni, le variazioni di indirizzo hanno effetto nei confronti del fisco decorsi trenta giorni da quando è avvenuta la variazione anagrafica. L’Agenzia delle Entrate, una volta ricevuta l’istanza del lettore, potrebbe rispondergli positivamente (sgravando gli importi a debito e annullando l’avviso di accertamento) oppure non rispondergli ovvero rispondergli negativamente. Nel caso la risposta alla sua istanza mancasse, il lettore potrebbe ricorrere all’Autorità giudiziaria ma solo nel momento in cui dovesse ricevere da Equitalia un qualsiasi atto che contenesse la richiesta di pagamento della somma in discussione (trattandosi, se non ho compreso male, di tributi erariali l’eventuale impugnazione dovrà essere proposta entro sessanta giorni dalla notificazione dell’atto dinanzi alla competente commissione tributaria provinciale e in tale sede il lettore avrà l’opportunità di eccepire la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento e, conseguentemente, entrare nel merito della vicenda proponendo i relativi motivi di opposizione oltre a quello procedurale relativo alla notificazione). Nel caso la risposta all’istanza fosse, invece, negativa occorrerà evidentemente valutare le motivazioni del rigetto: qualora, infatti, l’Agenzia motivasse in maniera fondata circa la validità della notificazione dell’avviso di accertamento avvenuta nel 2013, allora ogni questione sul merito della vicenda sarebbe oggi preclusa e allora converrebbe valutare eventualmente la presentazione di una istanza di rateizzazione della somma (se la notificazione, infatti, fu validamente eseguita, tutte le questioni di merito sarebbe oggi ormai precluso proporle perché avrebbero dovuto esserlo impugnando l’avviso di accertamento entro sessanta giorni dalla sua notificazione, sempre ripeto, che fosse dimostrata e motivata fondatamente la validità di essa).

Se le motivazioni del rigetto fossero invece infondate, vale quanto detto nel caso di omessa risposta (cioè vi sarebbe la possibilità di ricorrere alla commissione tributaria solo a seguito della notificazione di atto riscossivo da parte di Equitalia).

 

Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Angelo Forte

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