Caos Tari: rimborsi non soltanto per i cittadini, ma anche per le aziende.
È ormai noto il caos Tari ingeneratosi ai danni dei cittadini, che – a causa di un errore di calcolo sulla tassa rifiuti – sono stati costretti a pagare più del dovuto (per maggiori approfondimenti leggi: Tari gonfiata: scatta la corsa al rimborso). Il rimborso per la “Tari gonfiata” può essere già chiesto: non c’è nulla da attendere, non c’è bisogno di un modulo prestampato, né dell’aiuto di un legale (per sapere come fare, leggi: Rimborso Tari: può essere chiesto subito). Ed infatti, la corsa al rimborso è già cominciata. Di nuovo, però, c’è che i rimborsi non spetteranno soltanto ai cittadini, ma potrebbero spettare anche alle imprese. Ed infatti, se per le case dei cittadini il problema Tari è insorto con riferimento a cantine, box e garage (vale a dire le cosiddette pertinenze); con riferimento alle aziende il dilemma (ancora più grave se si pensa al numero dei valori in gioco) nasce con riguardo a magazzini ed uffici. Vediamo perché.
Tari: lo smaltimento dei rifiuti nelle imprese
La questione del pagamento della Tari per lo smaltimento dei rifiuti ha sempre destato molte critiche da parte delle aziende, già costrette a pagare autonomamente lo smaltimento dei propri rifiuti di produzione. Il problema nasce dal fatto che oltre ai rifiuti speciali, gestiti autonomamente dalle aziende, pagando il relativo servizio alle imprese del settore, esiste l’ampia categoria dei rifiuti speciali non pericolosi, che i regolamenti locali – generalmente comunali – possono assimilare ai rifiuti urbani applicando la Tari per il loro smaltimento. Il contrasto tra Comuni e imprese sul punto è stato generato dal silenzio normativo del Codice Ambiente del 2006 [1], il quale aveva demandato la disciplina specifica ad un provvedimento attuativo. Peccato, però, che questo provvedimento attuativo non è stato di fatto mai emanato.
Tari: dilemmi su magazzini e uffici delle imprese
Il problema pratico, dunque, nasce dal silenzio della legge e può essere spiegato semplicemente nei termini che seguono.
Gli impianti delle aziende, così come i negozi di molti artigiani, smaltiscono in proprio i loro rifiuti speciali, pagando un servizio aggiuntivo. Nella Tari, allora, entrano solo i rifiuti che i Comuni assimilano a quelli urbani. Ma fin dove possono arrivare queste assimilazioni? Ed è proprio qui che il nodo viene al pettine: le aziende hanno sempre contestato ai Comuni la illegittimità dell’assimilazione dei rifiuti di produzione ai rifiuti urbani, accusando le amministrazioni comunali di allargare le assimilazioni fino ad abbracciare anche i rifiuti speciali, con il risultato di far pagare due volte lo smaltimento. In sostanza, quello che le imprese da tempo lamentano è che le delibere dei Comuni prevedono spesso che tra i rifiuti assimilati vi siano anche quelli speciali: in questo modo la tassa sullo smaltimento dei rifiuti viene di fatto pagata non una, ma due volte.
Tari e imprese: quale soluzione?
In realtà, sul tavolo del ministro dell’Ambiente è pronto da tempo il decreto che dovrebbe risolvere il problema, vietando di applicare la Tari ai rifiuti nati nelle aree di produzione e nei magazzini delle aziende. Il provvedimento, se approvato, bloccherebbe la Tari sui magazzini e sulle attività commerciali medio-grandi, come i negozi di abbigliamento, gli autosaloni, le librerie con più di 400 metri quadrati di superficie di vendita, i supermercati che superano gli 800 metri quadrati, edicole, farmacie e tabaccai con più di 250 metri quadrati, e così via secondo limiti diversi per ogni categoria. In questi casi è possibile, secondo il decreto, tassare solo i rifiuti di mense, uffici e locali con una serie di parametri rigidi.
Ebbene, nonostante questo provvedimento risolverebbe il problema della Tari legato alle aziende, all’atto manca ancora la firma finale. Non resta, quindi, che attendere le evoluzioni della vicenda.