Il riconoscimento del debito e la promessa di pagamento: la richiesta di dilazione o di tempo per pagare interrompono la prescrizione. Non così la firma del preventivo.

Spesso, dietro una semplice richiesta di dilazione di un pagamento o di avere più tempo per racimolare i soldi per pagare si nascondono delle conseguenze imprevedibili per il debitore. Vere e proprie “zappate sui piedi” per usare un’espressione comune. Quando infatti si tratta di stabilire quali frasi costituiscono un’ammissione di debito, la giurisprudenza non va tanto per il sottile e ritiene che rilevino non sono le espressioni chiare e precise, ma anche quelle contenenti altre dichiarazioni incompatibili con un disconoscimento del debito. Tanto per fare un esempio: se il debitore, ricevuta la diffida del creditore, gli invia una risposta chiedendogli la possibilità di pagare a rate, non fa che ammettere indirettamente il proprio debito. Sarà quindi per lui più difficile, in un secondo momento, contestare l’esistenza dell’obbligazione. Allo stesso tempo il riconoscimento del debito ha anche l’effetto di interrompere i termini della prescrizione, favorendo ancora una volta il creditore.

Le frasi che incastrano il debitore quindi non sono solo quelle “tradizionali” come «Io sottoscritto mi riconosco debitore del sig. Mario Rossi della somma di euro mille», ma anche quelle come «Caro sig. Mario Rossi, le chiedo ancora un mese di pazienza al termine del quale provvederò a saldare il conto». Una dichiarazione del genere è quindi una tacita ammissione di debito, dagli effetti identici alla prima.

In presenza di un’ammissione del debito, peraltro, si verifica quello che la legge chiama «inversione dell’onere della prova»: al creditore basta dimostrare l’esistenza del riconoscimento del debito. Il codice civile [1] stabilisce infatti che la promessa di pagamento o l’ammissione di un debito esonera il creditore dal dover provare la fonte dell’obbligo di pagamento (un contratto, un risarcimento del danno da atto illecito, ecc.). Sarà il debitore a dover fornire la prova contraria alla sua stessa dichiarazione, chiarendo per quale ragione si sia espresso in quel determinato modo e a cosa si riferiva.

La conseguenza è anche sul piano processuale. Il riconoscimento del debito fatto per iscritto è una prova documentale che consente al creditore di agire direttamente con un «decreto ingiuntivo», procedimento più celere rispetto a una causa ordinaria. Al predetto creditore basterà infatti portare al giudice l’ammissione firmata dal debitore per ottenere, in sua assenza, un ordine di pagamento. Tale ordine (ingiunzione) gli dovrà essere comunque notificata affinché, nei 40 giorni successivi, si decida se pagare o fare opposizione.

È molto interessante, a riguardo, una sentenza della Cassazione dell’anno scorso [2]secondo cui la frase «sta bene provvederò» apposta dal cliente in calce alla parcella del proprio avvocato non costituisce un riconoscimento di debito. Pertanto spetterà al creditore dimostrare il fondamento della propria pretesa. Il suddetto principio assume una certa rilevanza, posto che appare suscettibile di applicazione in una molteplicità di casi analoghi in favore del cliente.

Sulla stessa lunghezza d’onda si potrebbe dire che la firma sul preventivo non è ammissione di debito, potendo semplicemente essere una dimostrazione di ricevimento della stessa. I successivi sviluppi dei rapporti tra le parti restano infatti tutti da dimostrare: se cioè la prestazione è stata eseguita e se tale prestazione è avvenuta in modo regolare e conforme ai patti; se, in un secondo momento, sono stati forniti acconti o se il debito è stato già pagato.

La richiesta di pagamento a rate è invece considerabile un’ammissione di debito perché prende già atto dell’esistenza dell’obbligazione e della pretesa del creditore.

La Cassazione ha detto, a riguardo, che il riconoscimento del debito, idoneo ad interrompere la prescrizione, non esige formule speciali. Pertanto può risultare da qualsiasi manifestazione di volontà, la quale, anche se non esplicita, implichi in modo univoco l’ammissione dell’altrui diritto. Tale è ad esempio la richiesta di dilazione del pagamento del debito, senza contestazione del relativo importo [3].

L’ammissione di debito per eccellenza è il rilascio dell’assegno. Con questo, infatti, il possessore non è tenuto a dimostrare le ragioni del proprio credito ma può limitarsi a esibire il titolo allo sportello della banca per ottenere il pagamento. In difetto, previo protesto, può portarlo all’ufficiale giudiziario per l’immediato pignoramento, senza bisogno di passare dal giudice.

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