I termini per chiedere il pagamento di Imu, Tasi e Ici sia prima che dopo l’arrivo della cartella esattoriale.

Non hai pagato, negli scorsi anni, l’imposta sulla casa di un immobile ereditato da una tua lontana zia. Per fortuna il Comune non se n’è mai accorto perché, tra le pratiche di successione, qualcosa deve essere sfuggita anche all’amministrazione. Ora però, dopo diversi anni, ti è arrivato un avviso di pagamento. Tutto questo tempo dovrebbe giocare però a tuo favore perché – come per tutte le tasse – anche l’Imu e la Tasi (così come del resto la vecchia Ici) hanno dei termini di prescrizione. Ma quali sono questi termini? Dopo quanto il contribuente è finalmente libero dall’obbligo fiscale e, anche se dovesse arrivare una cartella esattoriale, non è tenuto a pagare. A chiarire quando cade in prescrizione il pagamento della tassa sulla casa è una sentenza della Cassazione di poche ore fa [1]. La Corte ha dato una ennesima spallata alla tesi che, da anni, sostiene l’Agente della Riscossione secondo cui tutte le imposte si prescrivono in dieci anni. Vediamo, più nel dettaglio, cosa hanno stabilito i giudici supremi.

Indice

  • 1 Quali tasse sulla casa?
  • 2 La richiesta di pagamento da parte del Comune
  • 3 La prescrizione delle imposte sulla casa

Quali tasse sulla casa?

L’imposta sulla casa è un tributo locale, riscosso dai Comuni secondo aliquote che vengono determinate a livello locale sulla base di una cornice fissata dalla legge nazionale. Attualmente l’imposta sulla casa è composta dalla Tasi e dall’Imu.

Sull’abitazione principale non si pagano più né Imu,né Tasi, a eccezione delle case di lusso (A/1, A/8 e A/9).

Ai fini dell’esonero assume quindi particolare rilievo la definizione di abitazione principale, che la legge individua nell’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente.

Sono esenti anche le pertinenze dell’abitazione principale, ma solo se classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità a uso abitativo.

L’Imu e la Tasi quindi si pagano sulla seconda casa.

Non si pagano l’Imu e la Tasi neanche nei seguenti casi:

  • le unità immobiliari delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari (dal 2016 anche gli studenti universitari);
  • gli alloggi sociali come definiti dal Dm 22/04/2008;
  • la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione o divorzio;
  • l’immobile posseduto dal personale del comparto sicurezza (forze armate, polizia, vigili del fuoco, prefettizi);
  • l’unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani residenti all’estero e iscritti all’Aire.

Un discorso a pagare vale per anziani e disabili. I Comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. Si tratta di un’assimilazione facoltativa demandata alla decisione dei singoli comuni

Un’agevolazione è prevista per i casi di comodato. In particolare viene ridotto a metà l’imponibile delle case concesse in uso gratuito a genitori o figli. È necessario che il comodatario adibisca l’immobile a propria abitazione principale: vi deve cioè fissare la residenza anagrafica e dimorarvi abitualmente. Il comodante, da parte sua, deve risiedere nello stesso Comune e non deve possedere altra unità abitativa in tutto il territorio nazionale, fatta salva l’abitazione principale.

La richiesta di pagamento da parte del Comune

Se anche il Comune è, in quanto titolare del tributo, tenuto a richiedere il pagamento al contribuente, se questi non paga l’imposta viene “iscritta a ruolo” e comunicata all’Esattore per la riscossione ossia per l’avvio delle pratiche necessarie al pignoramento. Il pignoramento viene quindi gestito da Agenzia Entrate Riscossione salvo che il Comune abbia stipulato una convenzione con altro esattore.

In ogni caso il contribuente che non ha pagato l’imposta sulla casa si vedrà notificare unacartella di pagamento.

La prescrizione delle imposte sulla casa

La prescrizione di tutte le imposte locali, e quindi anche quelle sulla casa come Imu, Ici e Tasi (così anche la Tari, l’imposta sui rifiuti) è sempre di cinque anni. Questo significa che se la cartella di pagamento viene notificata dopo questo termine non va pagata (ma è necessario che prima sia impugnata davanti al giudice e che questi l’annulli, altrimenti diventa definitiva per quanto illegittima).

La legge però non dice dopo quanto tempo si prescrive la cartella di pagamento per l’imposta sulla casa. Tuttavia secondo le Sezioni Unite della Cassazione [2], espressesi sul punto nello scorso novembre, il termine resta lo steso di quello fissato per il tributo. Così, anche dopo la notifica della cartella esattoriale e il decorso dei 60 giorni di tempo per impugnarla, il termine di prescrizione resta di cinque anni. In termini pratici, se l’Agenzia Entrate Riscossione non avvia gli atti di pignoramento entro tale forbice di tempo e né sollecita il pagamento con una intimazione, si verifica la prescrizione e il contribuente non deve versare alcuna somma al Comune.Attenzione però: il termine di prescrizione è di 10 anni se, contro l’avviso di pagamento o la cartella, l’interessato fa ricorso e perde la causa; in tale ipotesi, infatti,   il titolo di pagamento è il provvedimento del giudice che, come tutti gli atti giudiziari, si prescrive in 10 anni.

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