Alcuni anni fa fui oggetto di una verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate. Io e mia moglie costituimmo un fondo patrimoniale inserendovi la casa dove viviamo con i 3 figli, da me avuta in donazione da mio padre (10 anni prima dei fatti contestati). Sono stato accusato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte riferita al Fondo Patrimoniale. Per dissipare il dubbio che il fondo fosse stato costituito per depauperare il mio patrimonio, facciamo richiesta di autorizzazione per la cessazione dello stesso presso Tribunale dei minori di Firenze, il quale però non la concede. Come posso difendermi dall’accusa di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte? Tenendo presente che nel 2018 si prescriverebbe il contestato reato, quali particolari accorgimenti/strategie posso adottare al fine di poter agevolare la prescrizione? In caso di condanna sarebbe possibile la confisca della casa, nonostante la sentenza del tribunale dei minori e nonostante sia prima ed unica casa avuta peraltro in donazione ben 10 anni prima dei fatti contestati? In caso di confisca, quali possibilità vi sono per un riacquisto da parte di mia moglie, considerando che la stessa ha patteggiata la pena per concorso in reato per sottrazione fraudolenta? Ciò potrebbe precluderle la possibilità di partecipazione ad un’asta? Quali possibilità hanno mia moglie e i miei figli di offerta di acquisto al giudice prima che la casa vada all’asta?
Innanzitutto, per quanto riguarda la prima domanda, ovvero delle strategie processuali volte alla prescrizione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, occorre sottolineare, senza addentrarsi nell’analisi della fattispecie di reato in oggetto, la circostanza che tra solo 8 mesi circa (secondo i calcoli del lettore – non disponendo dei capi di imputazione e dei verbali di udienza non si può verificarlo) si prescriverebbe anche il reato in oggetto e, ancora, non si è conclusa l’escussione dei testi di accusa e, chiaramente, non è stato sentito alcuno dei numerosi testimoni del lettore.
Orbene, tenendo presente che ogni richiesta di rinvio dell’udienza che dipenda dall’imputato o dal difensore (es. astensione degli avvocati oppure impedimento dell’imputato per malattia) determina la sospensione del corso della prescrizione, occorrerebbe verificare la disponibilità e la possibilità dei suoi testimoni a comparire all’udienza che sarà poi indicata dal giudice.
Per comprendere, occorre fare un passo indietro. Relativamente al rinvio del procedimento per impedimento legittimo dell’imputato ovvero per il caso di concomitante e prevalenze (perché ad es. riguarda imputato detenuto) impegno professionale del difensore, ai sensi dell’art. 159 cod. pen. il rinvio dell’udienza non dovrebbe essere superiore a 60 giorni e, in ogni caso, non può essere superiore a 60 giorni la sospensione del termine di prescrizione. Ad esempio. Si ponga il caso che, per il giorno dell’udienza l’imputato (il lettore) sia ammalato con febbre alta e non può, per questa ragione, partecipare all’udienza a suo carico. Questa circostanza determina la necessità che il processo sia rinviato ad altra data. Ora, indipendentemente dal rinvio (es 4 mesi) la sospensione del corso della prescrizione non può essere superiore a 60 giorni.
Ipotizzando – cosa non certa – che alla prossima udienza si concluda l’escussione dei testi dell’accusa, salvo il caso in cui i testimoni del lettore debbano riferire su particolari e articolate circostanze, è presumibile ritenere che il giudice voglia sentirli tutti in un’unica udienza.
Onestamente pare insolito che sia stata ammessa e autorizzata una lista testimoniale così corposa; per questo motivo, può presumersi, che il giudice abbia intenzione di “sfoltirla” nel senso di escludere qualcuno dei testimoni del lettore perché ritenuti superflui e “manifestamente sovrabbondanti”.
Per questo motivo, il difensore del lettore nel processo, per prima cosa dovrebbe insistere per sentirli tutti – cercando di specificare le ragioni per le quali ciò è necessario – evidenziando, al contempo la necessità di farlo in almeno 2 udienze, atteso che escutere 10 persone in un’unica udienza risulterebbe eccessivamente gravoso. Ciò non toglie, chiaramente, che il giudice possa non condividere questa impostazione.
Rispetto alla presenza effettiva di tutti i testi convocati dal lettore (dovranno, infatti, essere citati dalla difesa), l’imputato e il suo difensore hanno solo l’onere di citare in tempo utile le persone che dovranno essere sentite come testimoni, non disponendo di alcun potere atto a garantire la loro effettiva presenza al processo.
In altri termini, fornita la prova della citazione, il difensore, non dispone di poteri per garantire la presenza della persona citata: solo il giudice può, eventualmente, sanzionare il testimone assente senza giustificazione e/o disporne l’accompagnamento coattivo.
Se i testimoni (o anche solo alcuni di essi ritenuti indispensabili) dovessero essere impediti a comparire all’udienza indicata, il processo dovrebbe essere rinviato ad altra data e, non essendo il rinvio dipendente dalla volontà dell’imputato ovvero del suo difensore, i termini di prescrizione non possono essere dichiarati sospesi.
D’altra parte, deve considerare che si tratta ancora del primo grado di giudizio. Sotto questo profilo, se è vero com’è vero che, secondo la recente giurisprudenza, la dichiarazione di prescrizione del reato non esclude la possibilità di procedere alla confisca, deve anche considerarsi che, secondo la nota sentenza delle SSUU della Cassazione, sent. n 31617 del 21.07.15 “Il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può applicare […]la confisca del prezzo del reato e, a norma dell’art. 322-ter c.p., la confisca del prezzo o del profitto del reato sempre che si tratti di confisca diretta e vi sia stata una precedente pronuncia di condanna, rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del reato, alla responsabilità dell’imputato ed alla qualificazione del bene da confiscare come profitto o prezzo del reato”.
Nel caso specifico, trattandosi di bene ricevuto in donazione molti anni prima i fatti contestati, mancherebbe, a parere dello scrivente, il collegamento tra il bene ed il reato, non essendone né il prezzo né il profitto.
Chiarita, mi auguro, la prima questione, resta da affrontare, brevemente, quelle relative alla possibilità di partecipare – eventualmente – alla procedura di riacquistodell’immobile.
Per quanto riguarda la moglie del lettore, effettivamente, la sua pregressa condanna potrebbe costituire impedimento alla partecipazione alla procedura (in caso contrario si consentirebbe alla condannata di riacquistare il bene che, proprio per quei reati per i quali è intervenuta condanna, è stato confiscato).
Questione diversa è rispetto ai figli del lettore che, del tutto estranei ai fatti in contestazione, ben potrebbero procedere al riacquisto dell’immobile. Onestamente, quest’ultima sembra poter essere la strada migliore.
Sotto questo profilo, il problema potrebbe essere, eventualmente, quello della provenienza del denaro necessario all’operazione, nel senso che i figli dovrebbero già disporre – anticipatamente – delle somme necessarie all’acquisto dell’immobile che non dovrebbero pervenire dal lettore ma avere una diversa fonte. Non conoscendo, nello specifico, le condizioni economiche e reddituali dei figli del lettore, qualsiasi altra considerazione sarebbe ultronea, apparendomi sufficientemente chiaro il senso della surriportata considerazione critica.
Quanto, infine, alla possibilità di confisca per equivalente anche in presenza della decisione del tribunale per i minori, ritengo che non sussista alcun ostacolo giuridico. Si tratta, infatti, di procedimenti diversi aventi diversa finalità e funzione. Nel procedimento minorile l’interesse preminente è quello della tutela dei minori, ragione per la quale non le fu consentito di procedere allo scioglimento del fondo patrimoniale perché operazione non ritenuta nell’interesse dei figli, mentre, analoghe valutazioni non hanno luogo nel processo penale a suo carico.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Antonio Ciotola