Le clausole più svantaggiose per il consumatore possono essere scritte anche con caratteri più piccoli rispetto alla restante parte del contratto.

Hai firmato un contratto per un abbonamento con una grossa compagnia telefonica: ti sono stati forniti, dall’agente di zona, i moduli da compilare, tutti già prestampati. Ti ha detto di mettere «una firma qua…, una qua…, una qua…, un’altra qua» senza chiarirti però quale significato avessero e perché tutte queste ripetizioni. Ti sei limitato a fare come ti diceva perché sai che tanto i contratti sono sempre a sfavore del consumatore e non c’è modo di modificarli. Dopo un po’ di tempo, in occasione di un problema di funzionamento, ti sei rivolto all’azienda per chiedere il risarcimento ma questa ti ha rifilato un rimborso simbolico, impedendoti il recesso se non a seguito del pagamento di una penale. Ti sei opposto, ma la società ti ha fatto notare che, tra le varie firme che hai messo sul contratto, ce n’è una in cui accetti una serie di clausole vessatorie, ossia condizioni particolarmente svantaggiose. È proprio così: ma la clausola – come sempre succede nei moduli standard e prestampati dalle società – è scritta con caratteri molto più piccoli rispetto al resto del contratto. Per te, questa differenza grafica ha un grosso valore perché – sostieni – è volta a truffare il cliente e a non fargli prendere visione consapevole del contenuto dei suoi diritti e obblighi. La questione finisce a un giudice al quale viene chiesto: che valore ha la clausola vessatoria con caratteri minuscoli? Sul punto si è appena espressa la Cassazione [1] la quale, nel confermare un indirizzo interpretativo già offerto in passato, ha così deciso.

Indice

  • 1 Cosa sono le clausole vessatorie
  • 2 Contratti capestri
  • 3 Clausole con caratteri molto piccoli: che valore hanno?

Cosa sono le clausole vessatorie

Il codice civile [2] definisce clausole vessatorie tutte quelle clausole, inserite in contratti standard predisposi con moduli e formulari dalle società – e come tali immodificabili – che avvantaggiano in modo considerevole una parte, penalizzando fortemente l’altra  (per un elenco delle clausole vessatorie leggi la nota [3]). Sempre la legge stabilisce che le clausole vessatorie possono avere efficacia solo se sono state «specificamente approvate per iscritto». Tradotto in termini pratici significa che il cliente deve apporre una seconda firma, dopo quella a fine del contratto, in corrispondenza di una ulteriore clausola in cui vengono richiamati tutti i numeri degli articoli del contratto medesimo ove sono state apposte clausole vessatorie. Questo richiamo serve per garantire una maggiore attenzione del consumatore sulla presenza, all’interno della scrittura, di condizioni a lui svantaggiose, in modo da poterle individuare immediatamente.

Contratti capestri

La pratica di tutti i giorni ci ha abituato a contratti spesso scritti in una sola pagina, con caratteri stretti, che per leggerli necessiterebbero di lenti di ingrandimento. Peraltro anche lo stesso linguaggio è a volte incomprensibile. Sono poche le persone che si danno animo di studiare il contenuto di questi contratti; nella gran parte dei casi si firma spinti più che altro dal rapporto fiduciario instaurato con il brand, con il rivenditore o con il nome dell’azienda madre. Anche questa disattenzione dell’utente ha portato le società fornitrici a preoccuparsi poco di rendere appropriabili i propri moduli; tant’è che, a volte, le clausole vessatorie vengono scritte con caratteri minuscoli. Che valore hanno se la dimensione delle lettere è diversa da quella della restante parte del documento?

Clausole con caratteri molto piccoli: che valore hanno?

Secondo la Cassazione, è valido il contratto stipulato con una azienda dove le clausole vessatorie risultano poco leggibili o riprodotte in una dimensione più piccola rispetto alla restante parte del documento.

«L’eventuale illeggibilità di una o più clausole vessatorie – scrive infatti la Corte – non esonera il contraente debole dall’onere di vigilare affinché non vengono apposte firme ad “occhi chiusi”». Il codice civile «prevede l’efficacia delle clausole che il contraente avrebbe dovuto conoscere con l’ordinaria diligenza». Per cui l’utente «non può addurre a sostegno della propria tesi il fatto che la clausola non fosse chiaramente comprensibile e decifrabile».

Chi firma un contratto non può essere disattento sul contenuto del testo e qualora questo dovesse risultare illeggibile perché scritto con caratteri minuscoli è suo onere – oltreché diritto – farsi consegnare una copia stampata in modo più opportuno. Ma se non lo fa e, con imprudenza, firma ugualmente là dove gli dice il venditore senza preoccuparsi del fatto che, al posto delle lettere ci sono solo “formichine”, non può lamentarsi poi di ciò solo davanti al giudice.

Ecco dunque il principio definitivo scritto dalla Cassazione:  «In materia di contratti conclusi con la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in modo uniforme determinati rapporti (nella specie di utenza telefonica), la clausola con cui si stabilisce una deroga alla competenza territoriale ha natura vessatoria e deve essere approvata espressamente per iscritto. Qualora la medesima risulti scarsamente o per nulla leggibile, sia perché il modello è in fotocopia sia perché i caratteri grafici sono eccessivamente piccoli, il contraente debole può esigere dalla controparte che gli venga fornito un modello contrattuale pienamente leggibile; ma ove ciò non sia stato fatto non può lamentare in sede giudiziale di non aver rettamente compreso la portata della suddetta clausola derogatoria».

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