Per il Tribunale di Latina, la scientia decoctionis del creditore, della cui prova è onerata, la curatela, deve essere effettiva e non meramente potenziale

Avv. Maria Luisa Di Nardo – La scientia decoctionis da parte del creditore, della cui prova è onerata la curatela, deve essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo non la mera conoscibilità astratta delle condizioni economiche dell’imprenditore bensì la concreta condizione psicologica del creditore al momento dell’atto impugnato.

In questo modo si è espresso il Tribunale di Latina – Sezione Fallimentare che con la recente sentenza n. 603/2018 pubblicata in data 05/03/2018, a definizione di un procedimento avente ad oggetto la revocabilità di un pagamento effettuato a mezzo di bonifico bancario in favore di una società nel termini di 6 mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento di quest’ultima, ha chiarito in presenza di quali circostanze deve ritenersi configurato l’elemento soggettivo di cui all’art. 67 co. 2 L.F.

La vicenda

Con atto di citazione notificato il 03.07.2015 la Curatela del Fallimento conveniva in giudizio il titolare dell’omonima impresa individuale, esponendo che: “con sentenza n. 55 del 18.04.2013 questo Tribunale aveva dichiarato il fallimento della ***; a seguito delle verifiche compiute dalla Curatela sulla contabilità della fallita era emerso che la *** in bonis aveva effettuato in favore della *** il pagamento di € 6.000,00, a mezzo bonifico bancario, in data 23.10.2012; tale pagamento era revocabile per sussistenza dei presupposti dell’azione prevista dall’art. 67, co. 2 L.F., essendo avvenuto nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento e che la convenuta in revocatoria era ampiamente consapevole dello stato di insolvenza in cui versava la *** come comprovato da diverse circostanze quali il pagamento eseguito oltre i termini d’uso e l’esistenza di numerosi protesti cambiari elevati a carico della società”.

Con comparsa depositata il 23.11.2015 si costituiva la convenuta la quale chiedeva rigettarsi la domanda attrice in quanto infondata in fatto ed in diritto non sussistendo gli elementi oggettivo e soggettivo di cui all’art. 67 co. 2 L.F. e comunque perché non provata. In particolare, con riguardo all’elemento soggettivo, eccepiva che, alla data del pagamento, erano stati elevati pochissimi protesti e negava di essere stata consapevole dello stato di insolvenza della debitrice stante anche le modestissime dimensioni della propria attività evidenziando, ad ogni modo, i costi e le enormi difficoltà che una condotta idonea a conoscere i protesti avrebbe comportato.

La scientia decoctionis

Il Tribunale di Latina, dopo aver verificato la sussistenza dell’elemento oggettivo dell’azione esercitata, essendo la problematica fondata su un pagamento effettuato a mezzo di bonifico bancario effettivamente nei sei mesi prima della dichiarazione di fallimento della società debitrice, in primo luogo, con la sentenza in commento, specifica che cosa ed in che modo debba intendersi per scientia decoctionis e quando quest’ultima possa ritenersi sussistente.

Sul punto afferma che la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore deve essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo non la mera conoscibilità astratta delle condizioni economiche dell’imprenditore bensì la concreta condizione psicologica dello stesso creditore al momento dell’atto impugnato.

Prosegue poi specificando che per provare la concretamente la condizione psicologica del medesimo, la Curatela deve avere riguardo, mediante l’utilizzo dello strumento delle presunzioni, alla presenza di segni esteriori dell’insolvenza ed alla loro conoscibilità da parte del convenuto in revocatoria secondo il parametro astratto del soggetto di ordinaria prudenza ed avvedutezza con conseguente irrilevanza di “tutte le manifestazioni di ingenuità, di sprovvedutezza, di soggettivi errori di percezione attraverso i quali il terzo volesse accreditare, contro ogni ragionevole valutazione delle circostanze e contro ogni evidenza di segno contrario, una condizione di buona fede“, rifacendosi alla pronuncia della Suprema Corte di Cassazione sent. n. 1719/01.

 In conclusione, per dimostrare la scientia decoctionis del creditore, si deve ricorrere ad indizi che consentano di desumere da segni esteriori dello stato di insolvenza (fatto noto) la conoscenza dello stato stesso (fatto ignoto), secondo lo schema logico tipico del ragionamento deduttivo.

Rilevanza del pagamento oltre i termini d’uso e di protesti bancari

Sul punto, per quanto riguarda il pagamento effettuato oltre i termini d’uso, ciò che rileva ai fini della prova dell’esistenza dell’elemento soggettivo è, secondo la sentenza in commento, l’individuazione dell’anomalia del pagamento impugnato in termini di paragone con gli altri atti solutori compiuti dalla fallita in favore della convenuta nel corso del rapporto. Tale elemento, di per sé, non basta a dare la prova della scientia decoctionis.

Considerazione non dissimile deve essere fatta riguardo la presenza dei protesti bancari elevati a carico della società fallita. A detta del giudicante, infatti, rifacendosi alla pronuncia della Cass. civ., sez. I, 27 maggio 2015, n. 10952: “la mera esistenza di protesti elevati al tempo del pagamento, non pare sufficiente a dare prova, di per sé stessa considerata, della conoscenza da parte del convenuto dello stato di insolvenza in cui versava l’odierna fallita, da intendersi “come situazione irreversibile, e non già come una mera temporanea impossibilità di regolare l’adempimento delle obbligazioni assunte”. La sentenza in commento prosegue specificando che ciò va rapportato anche alla natura dell’attività esercitata dalla convenuta e alla diligenza professionale dalla stessa concretamente esigibile nella verifica delle capacità solutorie dei suoi clienti.

Nel caso in oggetto trattasi di semplice impresa individuale – più precisamente di “piccolo negozio di frutta e verdura” (così memoria ex art. 183, co. 6, n. 2 c.p.c. convenuto, p. 1, affermazione non contestata dal fallimento se non negli scritti conclusivi) – che non può ritenersi onerata da ripetuti controlli in ordine all’esistenza di protesti levati nei confronti del debitore ogniqualvolta si appresti a ricevere da questi un pagamento. La stessa natura dell’impresa, dunque, vale ad escludere inoltre l’esistenza al suo interno di un’organizzazione volta ad una tale tipologia di verifiche.

Alla luce di quanto affermato dal Tribunale di Latina, rilevano ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare, anche le dimensioni della società creditrice ovvero la natura dell’attività esercitata.

In conclusione la domanda della Curatela Fallimentare veniva rigettata.

Avv. Maria Luisa Di Nardo

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