Un imprenditore, riconosciuto come vittima di usura , attende invano il finanziamento del Fondo di solidarietà per più di sei mesi. Problemi burocratici, e una sede vacante, rallentano la sua pratica. Senza risorse disponibili, non riesce ad evitare il fallimento. E, arriva, puntuale, il conto del fisco: l’Agenzia delle Entrate revoca la sospensione dei procedimenti esecutivi concessa proprio in qualità di vittima dell’usura. E’ la spirale in cui si è avvitata la storia di Giuseppe Schirru, imprenditore palermitano, titolare della Emyr Sanitaria, che ha denunciato infiltrazioni mafiose e tangenti, e chiamato in causa Mps, ‘colpevole’ a suo giudizio di aver applicato tassi usurari e di aver compiuto gravi inadempimenti contrattuali.
La sequenza dei fatti, e le date che li scandiscono, descrivono un percorso a ostacoli che Schirru, parlando all’Adnkronos, sintetizza così: “una vittima che dovrebbe essere tutelata, nel momento in cui viene sancito il fallimento, per lo Stato non è più una vittima”. Ma torna ad essere “un fallito al quale chiedere il conto“.
Per l’imprenditore, gli ultimi sette sono stati mesi vissuti in bilico tra le aspettative e la delusione. Ha ottenuto il 7 luglio 2016 dalla Procura di Palermo la ‘sospensione dei termini’, ovvero i benefici di tutela per le vittime di usura. Ma da allora non ha avuto risposte sui fondi indispensabili per uscire definitivamente dall’illegalità. A decidere deve essere il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura. Ma la sede del commissario, ironia della sorte, è stata vacante proprio dal luglio 2016 al 23 dicembre 2016, quando un Cdm natalizio ha deliberato la nomina del prefetto Domenico Cuttaia. Il 10 gennaio è stato formalizzato dal tribunale di Termini Imerese il fallimento della Emyr Sanitaria, a seguito della richiesta, legittima, di un creditore. Il giorno dopo, l’11 gennaio, revoca la proroga dei termini: l’Agente della Riscossione riprenderà, pertanto, le attività esecutive.
La storia dell’imprenditore, che fino a marzo 2015 fa operava nel settore delle protesi ortopediche, offrendo servizi in convenzione con il sistema sanitario nazionale, passa prima per una controversa esperienza imprenditoriale, fatta anche di tangenti e di contatti pericolosi con ambienti mafiosi, e poi per un calvario che inizia con le denunce e arriva alla chiusura dell’impresa, senza per altro arrivare al fallimento. Sullo sfondo, il silenzio delle istituzioni e le lentezze di una burocrazia che gli hanno di fatto impedito di tenere in vita la Emyr Sanitaria.
Schirru ha aperto la sua attività 27 anni fa e, come accertato anche da due sentenze di primo e secondo grado che condannano un funzionario del Distretto Sanitario di Misilmeri addetto all’Ufficio Protesi, ha subito una concussione durata oltre 16 anni. Nonostante la giustizia stia facendo il suo corso, l’imprenditore è stato costretto a chiudere per i troppi debiti accumulati verso l’Erario e le banche. Anche se il dibattimento ha confermato pienamente la tesi accusatoria della parte civile, infatti, nelle more del processo le banche non hanno concesso ulteriori proroghe al credito.
Unico sollievo, in questi lunghi mesi, è arrivato dalla Procura di Palermo, che ha accertato i requisti di Schirru per accedere al fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura. Il 7 luglio 2016 è arrivato il provvedimento che sospende i termini e offre le condizioni per riaprire l’azienda. Ma il finanziamento che spetta all’imprenditore ancora non è stato accordato e le istanze, legittime, dei creditori lo spingono al fallimento. Che arriva, inesorabile, il 10 gennaio. Il giorno dopo, l’11 gennaio, il fisco chiede il conto.