La Suprema Corte torna nuovamente sul divieto dell’anatocismo bancario dichiarando illegittima tale prassi.
Dott.ssa Floriana Baldino – Gli Ermellini si sono espressi nuovamente sull’anatocismo bancariodichiarando illegittima questa prassi.
Cassazione: no alla capitalizzazione degli interessi
La Cassazione, nell’ordinanza n. del 24293 del 16 ottobre 2017, ha ribadito il suo “no” in ordine alla capitalizzazione degli interessi sui conti correnti.
Si legge nell’ordinanza “Gli usi bancari in materia di anatocismo non hanno alcun valore normativo, ed una volta disconosciuta la loro natura di fonte di diritto la disciplina applicabile non può che essere quella legale, a meno che non vi sia stata una successiva pattuizione in merito alla capitalizzazione degli interessi. In caso contrario, ovvero nel caso in cui si faccia riferimento agli usi bancari e non a successive pattuizioni, mai gli interessi potranno produrre interessi se non a partire dalla data della domanda giudiziale”.La Cassazione, questa volta, si è espressa su un rapporto di conto corrente bancario sorto prima del 2000 e regolato secondo gli “usi bancari”.
La legislazione sulla capitalizzazione degli interessi
La legge di stabilità del 2014, è intervenuta in materia ed aveva proibito alle banche, ed anche a tutti gli intermediari finanziari, di imputare gli interessi maturati a capitale (questo è quanto accade con l’anatocismo).
La capitalizzazione degli interessi fa sì che ogni trimestre gli interessi passivi calcolati sulla originaria quota capitale, diventano a loro volta capitale e su di essi verranno calcolati altri interessi passivi nel nuovo trimestre e così a seguire.
Questo ovviamente comporta per la banca un indubbio e notevole vantaggio economico ma il risultato, a danno del correntista, sarà poi che il tasso applicato effettivamente sarà molto più alto di quello dichiarato in contratto, superando, in molti casi, persino il tasso soglia.
La legge di stabilità 2014, prevedeva che quanto meno ci debba essere una certa simmetria tra gli interessi creditori e quelli debitori, ma sempre evitando che gli interessi passivi venissero imputati a conto capitale e trattandoli separatamente.
In seguito alla legge di stabilità è intervenuto il D.L. n. 18/2016 convertito in L. n. 49/2016 – Art. 17-bis, ed il legislatore ha precisato che il divieto di capitalizzazionenon si applica né agli interessi di mora, né agli interessi maturati su saldi passivi di conto corrente, sia che derivino da aperture di credito che da conti scoperti oltre i limiti del fido o non affidati.
Si è aperto un contrasto giurisprudenziale in materia, tutt’oggi non risolto, e nel 2016 è intervenuta, in materia, la delibera del CICR, delibera n. 343 del 3 agosto 2016, che tornando sull’argomento, ha stabilito, tra le altre cose, che gli interessi devono essere contabilizzati separatamente dal capitale e che gli interessi debitori, secondo la norma, divengono esigibili dal 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati.