Come verificare se la cartella Iva è legittima.
In caso di mancato pagamento dell’Iva, il contribuente, professionista o azienda, può vedersi recapitare un avviso di accertamento dell’imposta e successivamente la cartella esattoriale oppure direttamente la cartella esattoriale non preceduta neppure da avviso bonario. Quest’ultima ipotesi si verifica quando, a seguito di controllo formale della dichiarazione dei redditi, il Fisco invia direttamente la cartella di pagamento (poiché ha riscontrato errori o inesattezze della dichiarazione).
Cartella Iva senza avviso bonario
In realtà, non sempre la mancanza di avviso bonario è legittima, essendo quest’ultimo indispensabile qualora sussistano incertezze rilevanti sulla dichiarazione ed è opportuno, prima di agire coattivamente, informare il contribuente, sentire le sue ragioni, anche supportate da documenti mancanti, consentendogli il diritto di difesa e di contraddittorio.
Di recente la Cassazione [1] ha dichiarato la nullità della cartella senza il previo avviso bonario, sostenendo che esso diventa necessario tutte le volte in cui vi siano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, nel qual caso è necessario invitare il contribuente a fornire chiarimenti e a difendersi in anticipo. Al contrario, in caso di vizi macroscopici, si può procedere immediatamente all’iscrizione a ruolo delle somme e alla notifica della cartella senza il previo avviso bonario.
Oltre alla questione relativa alla necessità o meno della notifica dell’avviso bonario, per verificare la validità della cartella avente ad oggetto l’Iva, è opportuno conoscere anche itermini di prescrizione (periodo entro il quale il Fisco può pretendere il pagamento dell’imposta) e di decadenza (periodo entro il quale il Fisco può notificare l’avviso/cartella).
Prescrizione cartella Iva
Non esiste una norma che fissi il termine di prescrizione dell’Iva (norma prevista invece, per esempio, per i contributi Inps o per il bollo auto). La risposta deve allora essere ricercata nell’interpretazione giurisprudenziale.
Secondo l’indirizzo maggioritario [2], proprio l’assenza di una norma che stabilisca i termini di prescrizione dei tributi erariali, renderebbe applicabile il termine ordinario decennale. La regola generale prevista dal codice civile è, infatti, la seguente: «Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni» [3].
Si sta tuttavia sviluppando l’indirizzo opposto [4], secondo il quale deve ritenersi applicabile anche ai tributi erariali (Irpef e Iva), così come a quelli locali (Imu, Ici, Tari ecc.), il termine di prescrizione quinquennale, in ragione del fatto che si tratta di somme che devono essere pagate annualmente.
Difatti, il codice civile [5] prevede, in via eccezionale, il termine di prescrizione breve di cinque anni per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi. Potrebbe essere sicuramente il caso dell’Iva e dell’Irpef, per le quali il contribuente presenta annualmente la dichiarazione fiscale.
Il problema interpretativo si pone per i soli tributi erariali, dal momento che per tutti gli altri crediti, potenzialmente oggetto di riscossione esattoriale, singole norme speciali prevedono i relativi termini di prescrizione.