La disciplina del contratto preliminare, gli aspetti critici, la discrasia contenutistica e la trasmissibilità dei vizi al contratto definitivo

Dott.ssa Patrizia Picciano – Il contratto preliminare è un contratto innominato, non essendo destinatario di una disciplina omogenea e sistematica.

Il contratto preliminare nel codice civile

Dello stesso si fa menzione all’articolo 2932 c.c., rubricato “Esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto”, nonché agli articoli 1351 e 2652 c.c., rispettivamente disciplinanti la forma del preliminare e la trascrizione della domanda relativa all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre.

Il contratto preliminare è, indubbiamente, il più intenso dei negozi preparatori (affiancandosi alla proposta irrevocabile, al contratto di opzione e al patto di prelazione), poiché consente di bloccare un certo affare, permettendo alle parti di valutare le sopravvenienze in vista della stipulazione del contratto definitivo.

Contratto preliminare: gli obblighi delle parti

Prima di procedere con l’argomentazione, è opportuno rammentare che per mezzo del contratto preliminare le parti si obbligano alla stipulazione del successivo contratto definitivo, nonché all’esecuzione delle prestazioni che in esso hanno titolo.
Al riguardo, occorre osservare che sebbene soventemente non si ponga in risalto il momento esecutivo della prestazione finale, è indubbiamente questo l’aspetto maggiormente caratterizzante la figura contrattuale in discorso.
La stessa Corte di Cassazione ha rimarcato che il contratto preliminare non è un mero pactum de contrahendo, bensì un pactum de dando, rispetto al quale assume specifica rilevanza il momento attuativo delle prestazioni finali.

La natura del contratto preliminare

Sebbene attualmente la figura del contratto preliminare sia pacificamente accettata, in passato si è fortemente dibattuto in ordine alla sua natura. Sostanzialmente, le perplessità maggiori risiedevano nella difficoltà di distinguere l’impegno preliminare da quello definitivo: obbligandosi alla stipulazione del contratto definitivo, si sosteneva che le parti per ciò stesso avessero già espresso la volontà in ordine a tale contratto. In secondo luogo, ammesso il rimedio di cui all’articolo 2932 cc, l’operatore del diritto si interrogava sull’ammissibilità di una sentenza, per così dire, “negoziale”, diretta a produrre gli stessi effetti del contratto non concluso.
In realtà le suddette obiezioni non meritano accoglimento. A ben vedere, con riguardo al primo aspetto evidenziato, può rilevarsi che il contratto definitivo non è una mera ripetizione del preliminare, ma vanta una sua autonoma valenza giuridica, che richiede una manifestazione di volontà distinta rispetto a quella espressa in sede di preliminare. Diversamente non si comprenderebbe la natura obbligatoria di quest’ultimo; in aggiunta, se si valutasse positivamente la critica in questione, sarebbe altresì logico ritenere che l’effetto traslativo/costitutivo del diritto avrebbe il suo naturale titolo nel contratto preliminare, quando, in realtà, è derivazione diretta del contratto definitivo.
Quanto alla presunta natura negoziale della sentenza ex 2932 cc, è doveroso sottolineare che per mezzo della stessa si intende semplicemente garantire soddisfacimento al diritto di credito di cui la parte non inadempiente è titolare, piuttosto che porre in essere il contratto definitivo.
Peraltro, nella pratica dei rapporti contrattuali può risultare difficile comprendere se si è dinanzi ad un contratto preliminare o definitivo, posto che le parti possono, in tal senso, manifestare una volontà non univoca.

Nell’interpretazione di quest’ultima il giurista può ricorrere a due princìpi cardine del diritto civile:
– parte della dottrina si appella al principio della conservazione del contratto, per il quale le parti intendono sempre perseguire l’effetto maggiore;
– altro orientamento, negando che il contratto preliminare sigilli un impegno dalla valenza minore, ritiene che nel dubbio il contratto si intenda definitivo, al fine di evitare la ripetizione dell’attività negoziale.

Il campo di applicazione

Quanto al campo di applicazione della figura preliminare, si riporta quanto sostenuto dalla dottrina migliore, per la quale il predetto schema contrattuale è incompatibile esclusivamente con il contratto di donazione di cui al 769 cc. Invero, si osserva che l’obbligo scaturente dalla stipulazione di un contratto preliminare si pone in netto contrasto con la liberalità donativa, anche se, come acutamente osservato da alcuni autori, lo stesso articolo 769 cc ammette che il donante possa assumere un’obbligazione in favore del donatario.

Gli effetti del contratto preliminare

Sotto il profilo degli effetti, così come precisato infra, il contratto preliminare obbliga non solo alla stipulazione del contratto definitivo (configurandosi in tal senso quale pactum de contrahendo), bensì all’esecuzione delle prestazioni che ne sono naturale conseguenza, qualificandosi, pertanto, quale pactum de dando.
Ne deriva che le parti (o la parte singola, in caso di preliminare unilaterale) sono tenute a porre in essere tutte quelle attività necessarie a garantire l’esecuzione della prestazione finale, potendosi, quindi, configurare inadempimento del definitivo già prima della scadenza del termine previsto per la sua stipulazione.
In tal caso, l’avente diritto potrà esercitare l’azione di esatto adempimento , oppure domandare giudizialmente la risoluzione del contratto ed ottenere, eventualmente, un risarcimento dei danni subiti in ragione dell’inerzia della controparte, laddove ne faccia espressa richiesta.

Il contratto preliminare ad effetti anticipati

È pacificamente ammessa la figura del contratto preliminare ad effetti anticipati, con il quale le parti anticipano parzialmente l’esecuzione delle prestazioni finali. Anzi, può senza dubbio affermarsi che la pratica in questione costituisca la prassi, specialmente nel mercato immobiliare.
Merita di essere riportato un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, che ha ravvisato nel contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati un’ipotesi di collegamento negoziale tra contratto di mutuo gratuito e di comodato.
Nell’ipotesi in cui le parti diano esecuzione integrale alle prestazioni finali, il contratto definitivo si configurerà come mera ripetizione, giuridicamente intesa, del contratto preliminare.
Tra i profili problematici più salienti della figura contrattuale in esame assume specifica rilevanza la questione dell’ammissibilità della discrasia contenutistica rispetto al contratto definitivo. Per la verità, il problema è solo apparente, se si tiene conto del fatto che l’unica fonte di diritti e di obblighi delle parti, una volta stipulato il definitivo, è proprio quest’ultimo, che va a sostituire il contratto preliminare, non costituendone una mera ripetizione.
Invero, è proprio il definitivo che rileva ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria (sebbene si ritenga necessario che il consilium fraudis sussista al momento della stipulazione del contratto preliminare) e dell’esercizio delle azioni contrattuali.
Quanto all’estensibilità dell’invalidità del preliminare al contratto definitivo occorre distinguere.
I sostenitori della teoria della causa esterna, secondo cui la causa del definitivo consiste nell’adempimento dell’obbligazione derivante dal preliminare, ritengono che i vizi di quest’ultimo necessariamente si estenderebbero al contratto definitivo. Ne deriverà che le parti avranno diritto alla ripetizione delle eventuali prestazioni eseguite.
Diversamente, la dottrina fautrice della teoria della causa interna, per la quale la giustificazione del contratto definitivo risiede nello scopo perseguito dalle parti (inevitabile il rinvio alla teoria della causa in concreto), il contratto definitivo deve farsi salvo, a prescindere dai vizi del preliminare.

Rimedi esperibili in caso di mancato adempimento dell’obbligo di contrarre

In conclusione, occorre interrogarsi in ordine ai rimedi esperibili in caso di mancato adempimento dell’obbligo di contrarre.
Indubbiamente la parte non inadempiente potrà domandare la risoluzione del contratto ex art. 1453 cc, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno; a ciò si aggiunge che, a norma dell’articolo 2932 cc, la parte può ottenere la pronuncia giudiziale di una sentenza costitutiva, diretta a produrre gli stessi effetti del contratto non concluso, laddove ciò sia possibile e non sia escluso dal titolo (il contratto preliminare stesso).
L’impossibilità può dipendere da questioni meramente fattuali, come la distruzione del bene, o da contingenze prettamente giuridiche, come accade nel caso in cui il curatore intenda sciogliere il contratto preliminare in applicazione dell’art. 74, comma 4, L. Fall.
Il secondo comma dell’articolo in commento precisa che se si tratta di contratti aventi per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, oppure la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la parte che propone la domanda è onerata dalla preventiva esecuzione della prestazione, oppure dall’offerta di esecuzione nei modi di legge, a pena di rigetto della domanda giudiziale.
La giurisprudenza più recente è concorde nel ritenere che sebbene la disposizione faccia esplicita menzione dell’offerta ” nei modi di legge” possa valere, ai fini della pronuncia della sentenza ex 2932 cc, qualunque seria manifestazione di volontà in ordine all’esecuzione della prestazione.
È appena il caso di ricordare che vi sono ipotesi in cui l’esperimento del rimedio in discorso è impossibile, come nel caso dei contratti reali, per il cui perfezionamento si richiede la consegna della res. Invero, non potendosi questa disporre coattivamente, la sentenza costitutiva di per sé non sarebbe sufficiente a determinare l’effetto traslativo, in quanto sostitutiva del solo consenso dell’inadempiente. Parimenti, si rammenta che in caso di preliminare stipulato da alcuni soltanto dei comunisti di una proprietà in comunione ordinaria, non soltanto il rimedio in esame non sarà esperibile, ma lo stesso contratto preliminare sarà nullo per mancanza dell’accordo: a ben vedere, non può dirsi manifestata compiutamente la volontà della parte plurisoggettiva, impedendosi, pertanto, il perfezionamento dell’elemento essenziale del contratto di cui all’art. 1325 cc, n. 1. Diversa è l’ipotesi in cui il bene rientri in comunione legale tra coniugi, poiché nel caso di specie troverà applicazione il disposto dell’articolo 184 cc.
In passato era opinione concorde della dottrina che la sentenza costitutiva non potesse discostarsi da quanto stipulato in sede di preliminare, neppure laddove la modifica fosse accessoria. Questo orientamento può, ormai, dirsi superato: si ritiene che il giudice possa discostarsi da quanto convenuto in sede di preliminare, sia pure in via strettamente marginale, al fine di garantire il ripristino del necessario equilibrio economico cui è finalizzata la stessa sequenza preliminare-definitivo.
Proprio al riguardo, è opportuno evidenziare che in caso di stipulazione di un contratto preliminare di vendita con riserva di usufrutto, la morte del promittente venditore, susseguente all’inutile decorso previsto per la stipulazione del contratto definitivo e alla sua messa in mora, legittima il promittente acquirente ad ottenere una sentenza costitutiva ex 2932 cc che riunisca l’usufrutto con la nuda proprietà.
24/10/2017 – Dott.ssaPatrizia Picciano)

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